' Recensioni la fuga dalla realtà assumono in ultima analisi il valore di un rifiuto. Si veda, ad esempio, come don Giuseppe Vella spiega al suo rozzo complice le sue giustificazioni, la sua assenza di scrupoli: egli onesta1nente non fa niente di male, perché « la storia non esiste. Forse che esistono generazioni di foglie che sono andate via da quell'albero, un'autunno appresso all'altro? Esiste l'albero, esistono le foglie nuove: poi anche queste se ne andranno ... La storia delle foglie, la storia dell'albero. Fesserie! . Se ogni foglia scrivesse la sua storia, se quest'albero scrivesse la sua, allora diremmo; el1 sì la storia ... Vostro nonno ha scritto la sua storia? E vostro padre? E il mio? E i vostri avi e trisavoli? ... sono discesi a marcire nella terra né più e né meno che come le foglie, senza lasciare storia ... C'è ancora l'albero sì, e le foglie nuove e noi come le foglie nuove ... L'albero che resterà può essere segato ramo a ramo: i re, i viceré, i papi, i grandi insomma. E mio padre? E vostro padre? E il gorgoglio delle loro viscere vuote? E la voce della loro fame? Credete che si sentirà nella storia? Che ci sarà uno storico con l'orecchio talmente fino da sentirlo?». La perorazione del Velia è qualcosa di più d'una tirata qualunquistica: questo sconosciuto frate dell'Ordine di Malta, destinato a vivere oscuramente di ripieghi finché la frode letteraria no.n lo fa balzare alla rib.alta della cronaca, garantendogli agiatezza e protezioni, è una caratterizzazione che nasce da una istanza laica e critica dello scrittore nei confronti della società che va analizzando. « Ogni società ha l'impostura che si merita » farà dire lo Sciascia al Di ·Blasi, il secondo personaggio chiave del romanzo, e il caso Velia è strumento efficace per precisare i limiti e la misura d'una cultura che ha dietro di sé il mondo fittizio dell'Arcadia e il disvuotarsi della storiografia umanistica. In sostanza lo scrittore vuole caricare i bizzarri umori della sua creatura letteraria d'un preciso significato polemico, nel momento in cui individua i mali della società siciliana nell'ostinata resistenza agli influssi della cultura europea e nel pesante immobilismo sociale, che nasce dalla irrilevanza d'una classe media capace di assumere responsabilità e coscienza civile. Se la caratterizzazione del Velia avviene sulla falsariga d'una distaccata ironia, quella del Di Blasi è, per contrasto, attenta e commossa sino al punto di farne, a nostro parere, una delle figure letterarie p1 iù suggestive, che uno scrittore contemporaneo ci abbia finora proposto; Francesco Di Blasi nella sua coerente umanità, colla sua sofferta avventura intellettuale, nei suoi velleitari tentativi di mettere ordine in un mondo dove ordine non vi è, è creatura tragicamente sola nella sua ricerca di un mondo ideale di verità. Tradito dai suoi compagni, nella indifferenza scandalizzata della gente del suo ceto, fra una tappa e l'altra del suo martirio, durante la tortura, continua quel dialogo con se stesso che aveva iniziato nel momento in cui l'eguaglianza naturale degli uomini era divenuto nella sua mente lucido assioma, conseguenza naturale di ragione. Non è più che un fascio di muscoli doloranti, tuttavia è lucidamente consapevole che nel suo dolore, 115 Bibliotecaginobianco
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