Nord e Sud - anno X - n. 39 - marzo 1963

Recensioni in un altro bisogna pur fare i conti». Ma, se in queste parole dell'A. è possibile ravvisare la legittima ambizione della storiografia etico-politica ad allargare i propri confmi divenendo più concreta e aderente alla realtà effettiva delle forze in gioco nella storia, in altre sue affermazio·ni non è forse difficile scorgere tra le pieghe una sostanziale adesione alle note riserve dello Chabod su certi aspetti per dir così « teologici » dello storicismo crociano. Che del resto Maturi fosse molto vicino al mondo concettuale e morale dello Chabod, che in a1nbedue ci fosse alcunché di « rankiano », è stato bene indicato da chi ha tracciato con mano sicura l'agile profilo dell9 storico valdostano. Aveva scritto ad ogni modo lo storico inglese che concepiva la storiografia come opera d'arte: « La poesia della storia sta nel fatto quasi miracoloso che una volta su questa terra, una volta su questo pezzo di suolo che ci è familiare, hanno camminato altri uomini ed altre donne, reali come siamo noi oggi, che pensavano i loro pensieri, che erano agitati dalle loro passioni, ma che sono tutti andati, una generazione dopo l'altra, andati completamente, come tra breve ce ne andremo noi quali spettri al canto del gallo». Questo bellissimo giro di immagini del Trevelyan in cui, pur senza pretenziosità filosofiche, bene è espresso quel drammatico senso del finito che si annida tenace nel cuore dell'uomo, viene citato con simpatia da Maturi, il quale a giusta ragione vi ha scorto, in parole pregne di significato, « una profonda comprensione per l'umano, per l'umano nella sua finitudine e non simbolo di categorie filosofiche o sociologiche ». In queste ed altre prese di posizione dell'A. non è difficile individuare, a nostro avviso, lo stesso spregiudicato studioso che recentemente aveva pur scritto di voler « essere soprattutto storico e non monaco che predica solo per il proprio convento ». Si spiega così come Maturi, pur sentendosi vincolato ad un certo patrimonio ideale, fosse tuttavia disposto ad apprezzare ~el loro giusto valore le feco11de prospettive cl1e altre scuole di pensiero, storici di formazione diversa dalla sua, potevano eventualmente fornire per una visione più articolata e dialettica del processo risorgimentale. Con una superiore e serena obbiettività l'A. infatti poteva scrivere, ad esempio, che, « se il revisionismo critico degli storici puri, impersonato principalmente dal Luzio, ebbe il merito di far entrare nell'angolo visivo degli studiosi del Rorgi1nento gli uomini della Restaurazione e alcune personalità della sinistra democratica come Mazzini e Rattazzi, il revisionismo critico cattaneano e il revisionismo critico marxistico hanno esteso l'orizzonte della storiografia del Risorgimento a quelle correnti che il Perticone, con felice espressione, ebbe a definire ' correnti eterodosse ' del nostro Risorgimento». Questo atteggiamento equanime dell'A., che non è certo un segno di fiacchezza di giudizio, non va poi ovviamente confuso con posizioni di det~- riore eclettismo storiografico. Maturi, infatti, pur disposto come si è visto a riconoscere i meriti di studiosi da lui assai distanti quali un Luzio, era poi subito pronto però a individuarne i « limiti », con un giudizio assai 99 ' Bibliotecaginobianco

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