- f Recensioni nostra coscienza, ma di lavorare sempre per il lato buono della storia, anche se questa si fa dal lato cattivo». Che è la grande lezione, se si v1,ole, che scaturisce dalla lettura del suo libro. Ma per comprendere meglio il prezioso valore di questa tormentata conquista occ~rre ripercorrere tutto l'arco dell'esperienza del Morin, che è poi, come si è accennato, un'esperienza comune ad un'intera generazione. di intellettuali. L'adesione del Morin al con1unismo matura negli anni ruggenti del secondo conflitto mondiale. Questo giovane non ancora ventenne, assorto nelle letture, vive il dramn1a eterno dell'intellettuale, reso ancor più cocente dalla guerra con la sua universale mobilitazione: soffre dell'isolamento dal mondo che sanguina, soffre del suo rinchiudersi nella torre d'avorio degli studi, nell'egoismo dei privati interessi. V'è in lui un pungente bisogno morale di « partecipazione » al grande dramma della storia. L'adesione al comunismo gli si presenta dunque come la soluzione di un angoscioso problema morale: il comunismo lo sottrae alla solitudine, all'isolamento colpevole; gli dischiude le porte della vita, gli dà finalmente la gioia della partecipazione urnana alla storia che si svolge, lo riconcilia col mondo che gli era estran~o e lo fa partecipe dei travagli e delle sofferenze che immancabilmente preparano il nuovo. D'altra parte, in Europa imperversa il fascismo. La democrazia non è il suo antidoto, anzi viene coinvolta nella condanna: non aveva essa a lungo allevato nel suo seno i bacilli del totalitarismo? Nel clima della· guerra, non certo adatto alle analisi caute serene approfondite, attente alle sfumature, si fa strada fra gli intellettuali l'interpretazione comunista del _fascismo figlio legittin10 della democrazia borghese, parto naturale delle strutture capitalistiche che le vecchie classi dirigenti non avevano saputo né potuto intaccare. Le scelte si semplificano: la lotta è « tra i due titani .clel secolo», il fascismo e il comunismo. Non che l'adesione del Morin al comunismo si sia tutt·a risolta nel motivo etico della « partecipazione » alla storia e nella poco meditata acquisizione dell'interpretazione marxista del fascismo. Tutt'altro. Lo stalinismo repugnava per ciò che significava di intolleranza e di terrore: i processi di Mosca non erano poi tanto lontani nel tempo. Ma è la guerra che· dissolve gli ultimi dubbi: « per quanto fossi giovane facevo parte di quella generazione nata alla vita politica prima del 1939; le mie prime idee erano state assorbite dalle piccole correnti socialiste ~ntistaliniane della prima 'guerra: le nostre vecchie indignazioni erano affogate, trasportate dalla marea di sangue del 1940-1944; i crimini dello stalinismo erano niente 1n confronto ai giganteschi massacri d.ella guerra. Ero un antistaliniano pentito ». Poi la vittoria di Stalingrado; Stalingrado dissolve gli ultimi dubbi, il regime sovietico trova in quell'epica vittoria la sua giustificazione storica: « Stalingrado spazzava via, per me e senza dubbio per migliaia di persone come me, critiche, dubbi, reticenze. Stalingrado lavava tutti i crimini del passato quando no11 li giustificava. Le crudeltà, i processi, le liquidazioni trovavano la loro finalità in Stalingrado. La ritirata del 1941, le avversità, 97 Bibli·otecaginobianco • I •
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