Nord e Sud - anno X - n. 38 - febbraio 1963

Umberto Cassinis del Mezzogiorno: essi costituiscono il sottofondo della dottrina economica e della prassi politica del « tempo corto». Queste sintetiche osservazioni ci so,no servite per inquadrare il quesito se l'industrializzazione del Mezzo·giorno possa attrarre, oltre le aliquote di popolazione locale, anche coloro che sono emigrati, i quali per una buona percentuale (da noi stimata in circa il 30-35%) si sono qualificati o si stanno qualificando all'estero. * * * Lo spunto per una inchiesta-sondaggio diretto ad accertare se i nuovi impianti industriali, pubblici e privati, già in attività nel Mezzogiorno· abbiano effettivamente assunto (e richiamato) lavoratori già emigrati all'estero (e probabilmente colà qualificatisi) ce lo ha dato un articolo (Le braccia del Mezzogiorno e l'industria) pubblicato da « Il Giorno» del 10 agosto 1962. « Le forze di lavoro che dall'Italia meridionale - ivi si leggeva - « emigrano verso le città dell'Italia settentrionale sono perdute per l'indu- « strializzazione: le migrazioni interne dal Sud al Nord sono di carattere « permanente e definitivo. Si parte, cioè, dalle città contadine delle Puglie « e della Sicilia, o dai « nidi umani » del Cilento e dell'Irpinia, per Milano, « per Torino, per Genova, con la ferma intenzione di non tornare: tornare « sarebbe un fallimento, sarebbe la confessione del fallimento. Ma quando « dalle stesse città contadine e dagli stessi « nidi umani » si parte per le « città transalpine, svizzere, tedesche, francesi, allora è di regola tornare « al termine della stagione di lavoro, per· poi ripartire all'inizio della stagione « successiva. Questo significa che le forze di lavoro che dall'Italia meridionale « emigrano verso le regioni industriali europee non sono perd11te per l'in- « dustrializzazione, ma sono recuperabili durante l'intervallo fra una sta- « gione e l'altra. No,n solo: è presumibile che la stagione o le stagioni passate « per il contadino meridionale in un Paese industriale, svolgendo una attività « di tipo più o meno industriale, lo abbiano promosso e qualificato assai « più di quanto non sarebbe stato possibile se egli fosse rimasto al suo « paese, più o meno disoccupato, o svolgendo attività di tipo più o meno « tradizionale. Si p·uò .dire, dunque, che in questo senso l'emigrazione verso « i paesi europei, che è sempre più un'emigrazione di carattere stagionale, « costituisca entro certi limiti una specie di tirocinio per le forze di lavoro « meridionali? e che come tale questa emigrazione assolva ancora a una « sua funzione positiva? Per poter dare una risposta abbastanza. precisa « a queste domande, si dovrebbe sapere fino a che ptuito, nel reclutamento « delle maestranze, i nuovi grandi impianti pubblici e privati che sorgo·no « ne~ Mezzogiorno fanno appello a giovani che hanno trascorso in Svizzera, « in Germania, in Francia una o più stagioni di lavoro; e si dovrebbe sapere « qual'è il rendimento di questi giovani e fino a che punto esso è più o « meno alto a seconda delle esperienze di lavoro che hanno potuto fare « nelle regioni industriali europee». Da queste considerazioni che abbiamo ritenuto opportuno riportare 42 Bibliotecaginobianco

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