Nord e Sud - anno X - n. 38 - febbraio 1963

Giuseppe Sacco e dichiari di volerlo aprire all'influsso e alla penetrazio,ne delle idee occidentali. Ma ciò che è ancora più singolare è che lo stesso Fanon indichi nella tendenza a rifugiarsi nel mito e nella credenza tradizionale una conseguenza della « alienazio-ne » colo,niale, una necessaria compen~azione all'umiliazione inflitta dall'europeo alì'uomo di colore: « il colonizzato riesce, tramite la religio 1 ne, a non tener conto del colono >~•. II mito serve a rimpicciolirlo o addirittura a negarne la forza schiaccia~te: « ••• gen~ malefici c·he intervengono ogni volta che ci si muove per istorto, uomini leopardo, uomini serpente, cani a sei zampe, zombies, tutta una gamma inesauribile q.i animalucoli o di giga11ti dispone attorno al co,lonizzato un mondo di divieti, di barriere, di inibizioni molto più t~rrificanti che il mondo colonialista». E perciò, dentro « tale reticolo inestricabile 'in cui gli atti si ripeto110 con permanenza cristallina », la « pere·nnità » di un mondo prop·rio del colonizzato viene ribadita, di un mondo in cui « gli zombies so1 no, più terrificanti dei coloni ». Da quel momento, non è più questione « di mettersi in regola con il mondo bardato di ferro del colonialismo,· ma di riflettere due volte prima di orinate, di sputare o di uscire nella notte »; e no·n si pensa neanche a lottare contro i coloni, « perché ciò che c·onta altrettanto è la tremenda avversità dellé strutture mitiche » (Fanon, I dannati della terra, Einaudi, 1962). Fanon, inoltre, afferma chiaramente il valore di rottura· che ha la lotta di liberazio,ne, il suo carattere di sforzo sovrumano che fa , saltare l'intricata cintura di legami che avviluppano il colonizzato; e riafferma la verità dell'azione e del reale: « nella lotta -di liberazione, quel popolo un: tempo ripartito in settori irreali, quel popolo in preda a uno spavento i11dicibile, ma felice di perdersi in una tormenta onirica, si sconnette,. si riorganizza e genera, nel sangue e nelle lagrime, sco-ntri molto reali e m.olto immediati ». Così dopo anni di irrealismo, dopo essersi· sdraiato sui fantasmi più stupefacenti, il colonizzato, col mitra in pugno, affronta finalmente le sole forze· che gli contestavano il suo essere: quelle del colonialismo». E finalmente allora.« il giovine colo,nizzato che cresce in una atmosfera di ferro e di fuoco può ben farsi b·effe - non manca di farlo - degli antenati, degli zombies, dei cavalli a due teste, dei morti che si risvegliano, dei gin che approfittano di uno sbadiglio per ingolfarsi nel corpo ».·Ne consegue naturalmente che « il colonizzato scopre il reale e lo trasform~ nel movime·nto della sua prassi, nell'esercizio della violenza, nel suo progetto di liberazion~ ». Singolare davver9 la posizione di Fanon! Egli è lontanissimo, addirittura al polo opposto, da quelli che concepiscono la decolonizzazione 121 B·ibliotecaginobianco '\

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