Recensioni penitenziari~ di Ventotene a S. Gennaro dei Poveri. E che fatica per ottenere quel posto: « Un pezzo grosso del suo partito l'aveva accompagnato fin sù, nella cameretta, tra gli altri vecchi. Nel congedarsi da lui, aveva insistito su quel grande privilegio; ottenuto in quanto 'ormai siamo noialtri ad avere il potere nelle mani'. E Don Guglielmo: 'Ma non c'è ancora il re?' 'D'accordo: però Nenni sta al governo'» (p. 144). Queste sono le malinconie che Viviani si concede, quelle in cui l'esatta equazione: autentica realtà dell'individuo - positività della Storia sembra appannarsi e perdere un po' della sua troppo nitida chiarezza. Ma son malinconie che rendono amaro un declino, non che giustificano un'abiura. E di Don Guglielmo, alle prese con gli altri ospiti del gerontocomio, può ancora dire: « Quei p;rincipi continuavano a guidarlo » sia pure « verso un avvenire troppo bello per non colorarsi dì passato. C'era nelle sue parole la monotonia calma, un po' triste, del maestro di· scuola. Ogni anno insegna a nuovi scolari vecchie cose: le medesime cl1e, tanto tempo fa, egli stesso apprese, fremendo dal suo· banco. 'Che fai? dorn1i?' esclamava a un tratto, vedendo uno· di quegli ascoltatori abbandonarsi» (p. 145). Morirà, aspettando « la sorpresa d'una notizia, qualunque fosse; esterna, co:i;ne un improvviso vento fresco». « La monaca amica, nel portargli l'acqua bollente, gli aveva detto di p·regare; per il riposo eterno. No: gli occhi spalancati, giorno e notte, voleva vedersi morire ». Solo un fantasma, il più caro della sua vita, gli andrà ·incontro negli ultimi istanti, « poi più nulla: don Guglielmo, un ricordo» (p. 153). • Il fantasma da lui intravisto era Chiarina (un altro dei protagonisti .. chiave del romanzo), la madre del « Trio Fu.Igor»: lo scarto fra il sogno di_ don Guglielmo e la realtà non potrebbe essere più vistoso. E di questo proprio è testimone Chiarina, .della legge che incombe su tutti gli altri personaggi, su Napoli: vi è almeno un momento in cui essi sono autenti .. ,camente vivi; e poi, si direbbe, non basta la intera loro· esistenza per espiare la colpa di aver detto di no, di aver avuto dignità. Il suo istante di vita Chiarina lo espia nei suoi incontri con Meniello, un fascista in cui la rivalsa di una carne restia e la rabbia politica fanno tutt'uno; lo espia soprattutto accanto all'uomo che l'ha spo,sata, il cav. Francesco De ChiaraJ un cantante di q_uelli che si trascinano da anni alla ricerca di una « scrittura», che si son fatti dell' « arte» una religione nelle liti in famiglia: divinità invocata solo per giustificare i pasti saltati; di quelli, insomma, con i quali si può colloquiare così: « Come, non conoscete Cortot? 'È venuto mai a Napoli?' 'Appena l'anno scorso'. 'È strano; in Galleria non me l'hanno presentato» (p. 113). Eppure anche il cav. ·De Chiara è un infelice dolorante, e lo è Meniello, e. lo è il prof. Alfredo Donati, un benpensa_nte borghese, del quale Viviani ha forse il torto di aver fatto un troppo facile rappresentante dell'alternativa al socialismo, prima, durante e dopo il fascismo) e lo sono le tre ;ragazze del ' Trio Fulgor ' e lo sono gli uomini che si muovono intorno a loro, soprattutto Luciano, che chiuderà tragicamente il · suo tentativo di darsi ragione di ciò che lo circonda. Altrove, altrove sono i veri responsabili, 113 Bibliotecaginobianco
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