Recensioni precauzioni, .nel munito fortilizio della « palude domestica » dove crede di consumare in pace le sue nevrosi. L'attivismo «longobardo» l'offende: il traffico convulso, i passaggi pedonali, le automobili, i rumori, il telefono, i venditori, le rate, le. tasse... Si riduce a rimuginare il suo incubo del tradurre, i personaggi dei libri diventano fantasmi quotidiani, gli autori irrompono con la loro proliferante presenza fino a insediare brani delle opere (Behan, Donleavy) nel racconto di questa « vita agra». Non rimane che il sesso, unica realtà davvero naturale, e proprio perché tale odiata e mistificata, nell'universo concentrazionario che soffoca ormai l'espansione vitale dell'uomo. È questa la conseguenza estrema della rabbia di Bianciardi, esilmente cresciuta sul tronco ironico e parodistico dei precedenti libri in cui consistono le sue prove migliori. Infatti, la parte più divertente del nuovo romanzo è quasi un prolungamento della sottile requisitoria contro il bracciantato intellettuale che l'autore va pronunciando da anni con il giusto senso del limite: del 1957 è Il lavoro culturale, del 1960 è L'integrazion,e. Passano allora sotto l'occhio del lettore, captati dalla veloce maldicenza del bracciante intellettuale Bianciardi, commuters, cacciatori di prestigio, p·ersuasori occulti, white collars, uomini in grigio, uomini dell'organizzazione, ambiziosi executives, folle solitarie, il supermarket, stecchite e legnose segretarie, lines aziendali, mistiche aziendali, contratti editoriali, regole di traduzioni, testi operativi e tutte le vittime e tutti i prodotti del moderno dinamismo tecnologico... Tirati giù dai palchetti della pubblicistica sociologica, schizzati ed elencati con polemica sveltezza, questi luoghi industriali sono mimati, contraffatti, deformati mirabilmente, ma non assunti a traslato romanzesco, a letteratura. Mancando questa dimensione, l'autore vieta alla materia di acquistare lo spessore e la pluridimensionalità essenziali a un'opera che \ - come La vita agra - intenda utilizzare « letterariamente » (e magari Bianciardi vi fosse riuscito, dato che l'intenzione riguarda quei principi innovativi sul romanzo che da qualche tempo circolano anche da noi) terminologie e discipline mutuate da settori culturali d'altro genere. Fallito dunque l'attentato perché il giovane eversore è risucchiato dall'ingranaggio; fallito lo scrittore nel rappresentare a più strati, specie a livello linguistico, la realtà di un dissenso obbiettivo e del mondo industriale a cui si è consegnato, Bianciardi, quasi a mettere le mani avanti, previene l'obiezione più facile: « ••• Lo so, direte che questa è la storia di una nevrosi. .. ». Ma il paravento, pur consistendo nella nevrosi finora inedita, quella , del tradurre, che gli consente la superficiale girandola di fuochi d'artificio verbali, non basta a mascherare quel sospetto di parabola, o quanto meno didascalico, che a lettura finita traspare fra le velleità del libro. E cioè: l'itinerario esemplare dell'intellettuale imm1grato nella grande città, il trapianto di usi e costumi, la nostalgia della provincia, il rifiuto di taluni metri correnti, le ferite sociali e politiche, l'involuzione della protesta rivoluzionaria e la perdita delle speranze libertarie che sotto vari aspetti ritornano nelle 109 Bibliotecaginobianco
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