Nord e Sud - anno X - n. 38 - febbraio 1963

Enzo Colino tutto nel lessico, invitando, al pantagruelico banchetto di molte portate stilistiche, Carlo Emilio Gadda e I-Ienry Miller, Jòyce, Kerouac, Mailer Behan e perfino J. P. Donleavy, il cui primo romanzo The Cinger Man, tradotto da Bianciardi per Feltrinelli nel 1959 - Zenzero - gli ha ispirato diversi umori. Ma lo strumento linguistico, che quasi parrebbe aspirare al ruolo principale, è incapace poi di lievitare durante la manipolazio,ne narrativa, di ricomporsi in una fisionomia autonoma a sostegno dell'impalcatura romanzesca, di unificarsi con i personaggi che l'esprimono. Il risultato è una pura e semplice accumulazione verbale, a volte lampeggiante e sapida. Accade quindi che la parodia degli stili resti disarticolata, che il centone mostri tutte le sue ficelles: i materiali, infatti, non si amalgamano fra loro né si intrecciano secondo molteplici punti di vista o piani di coscienza. Il generoso, abilissimo spreco di conoscenze gergali, la bravura del collage, sono insufficienti a risollevare il tour de force linguistico che si affloscia spesso inanimato mentre di contro la presenza d'una comune tranche de vie soffre del mancato congiungimento: soltanto una perfetta integrazione l'avrebbe riscattata dalla sua grigia pesantezza naturalistica rischiarata ogni tanto da innegabili vivacità, tutt'al più scapigliate (aggettivo non casuale, poiché recenti studi di Gianfranco Contini e Luciano Anceschi autorizzano a stabilire interessate relazioni fra la Scapigliatura lombarda e l'attuale momento letterario che mette in vetrina i nipotini lessicali dell'ingegner Gadda). Ma è tempo di raccontarla la storia. Un toscano, intellettuale di sinistra, arriva a Milano per vendicare la morte di quarantatré minatori. Decide perciò di distruggere il « torracchione», sede centrale dell'odiata azienda, la cui incuria suicida ha provocato l'incidente. Sia perché la cittadella neocapitalistica è ben protetta, sia perché nessuno l'aiuta, l'attentatore rinunzia provvisoriamente alla missione, pressato dal bisogno quotidiano: deve sbarcare il lunario insieme ad Anna, una «compagna» che è andata a vivere con lui, e provvedere al mantenimento della moglie Mara e di suo figlio, rimasti in paese. Comincia la trafila fra giornali e riviste e case editrici, licenziamenti per scarso rendimento, collaborazioni affannose e saltuarie. Scopre, però, che tradurre libri gli- consente di lavorare a casa vicino alla sua donna, e riscuotere un dignitoso compenso. Con i primi soldi la coppia si trasferisce in un appartamento di periferia: le camere d'affitto e la bohème milanese del dopoguerra intorno a Brera sono soltanto un ricordo e suggeriscono a Bianciardi p·atetiche e spiritose evocazioni. Ma la libertà che il giovane bibliotecario immigrato credeva di conquistare sottraendosi agli orari d'ufficio è un'illusione. Le scadenze tiranne, la razione giornaliera di pagine da tradurre non concedono respiro: il bisogno economico va regolato su quel ritmo, e guai a perderlo, a cedere alla stanchezza ... I contatti con la realtà esterna si riducono a brevi passeggiate fino al bar vicino, all'edicola dei giornali, a rapide corse in centro per consegnare i lavori alle case editrici. Lo scrivente-protagonista si sente oppresso dalla città, dai tentacoli metropolitani che si insinuano di sorpresa, nonostante le LOS Bibliotecaginobiancq

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