Ettore C1uomo le ,ango1sce, tutto ciò culminava nella trapp·ola geniale di Stalin, Stalin si identificava con la città che portava il suo nome, la città con l'officina « Ottobre rosso» ed i suoi o,perai in arn1i, l'officina con la rivoluzione di ottobre del 1917, e tutto ciò con la libertà del mondo, con la vittoria finalmente in vista, con tutte le no1 stre speranze, con l'avvenire radioso ». Senonché quella stessa precedente condanna morale del terrore staliniano, ora assorbita dalla guerra, comincia ad apparire uno sterile conato sentimentale, un ingenuo rifiuto della Storia. I grandi maestri dello storicismo, Hegel e Marx, non avevano a lungo deriso, spietatamente sferzato-, l'uno l'anima bella, la morale so,ggettiva, il dover essere, l'imperativo categorico, l'altro l'utopia e «l'idealismo»? Ed in fondo che cos'erano il trionfo del nazismo, l'insuccesso del Fronte Popolare, i rovesci della guerra di Spagna, se non altrettanti segni che rivelavano l'amara sconfitta degli ideologi dei profeti disarmati, degli astratti e fatui teorici che pretendono piegare il rr1ondo ai loro sogni? « Il reale », « adattarsi al reale », « obbedire alla storia per trasformarla», sono le parole che salgono alle labbra. E lo stalinismo è il segno di questo sap,iente adattamento alla realtà, è « l'astuzia della ragione ». « La filosofia esprimeva, sotto una forma disincarnata e ideale, il bisogno di emancipazione. Ma la filosofia, per realizzarsi, doveva mutarsi in pratica rivoluzionaria. Bisogna obbedire alla storia per trasformarla, accettare il reale per domarlo. È la prassi che trasformerebbe il mondo.- Sotto questo angolo di visuale interpretavamo tutti i tratti negativi del comunismo staliniano, terrore, alienazione, astuzia, come altrettanti segni che rivelavano il suo adattamento positivo al reale. Pensavamo che lo stalinismo si metteva al livello bestiale del mondo per aggrapparsi ad esso e per trasformarlo,». I delitti, le epurazioni, i campi di concentramento sono dunque altrettanti segni che rivelano questo disincantato adattamento al reale. Il comunismo, il puro ideale de]la pace e della libertà, dell't1niversale affratellamento, non resta co,nfinato nei libri, nel cervello dei filosofi; esce dal sogno ed entra nel mondo, si imn1erge 11.ellafeccia di Romolo: per questo 1 indossa la pesante armatura di guerra; si fa violenza e terrore per far scaturire dall'orribile massacro il regno dei puri valori. « Eravamo in un mondo in guerra: ogni giorno migliaia di esseri umani erano annientati nei bombardamenti e nelle battaglie. Bisogna ben capire questa psicosi di guerra che ci ha fatto accettare lo stalinismo perché assomigliava alla guerra, distruttore, cieco, ma forte come la morte e che ce lo ha fatto am·are, perché annunciava la fine di tutte le guerre e la fratellanza universale. Lo stalinismo non era un ideale dolciastro che volava stil mondo come la colomba dell'arca, o piuttosto lo era, ma nello stesso tempo, era anche uragani, esplo,sioni, cataclismi. E ciò che di lui ci faceva orrore in tempo di pace, ci sembrava ormai che fosse il solo rimedio agli orrori della guerra ». Di qui il discredito della morale individuale co,ndannata come vacuo « sentimentalismo, soggettivismo, paura del reale ». Essa si configura co-me « il troppo famoso sollen, il dover essere disprezzato da Hegel, che non fa 98 Bibliotecaginobianco
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