Nord e Sud - anno X - n. 37 - gennaio 1963

Note della Redazione regime che lo sosteneva, i più dei vecchi diaconi sono diventati (vedi caso!) cripto-cattolici o cripto-comunisti e il ci·ocianesimo è diventato l'interlocutore centrale e principale dei seri indirizzi (e delle molte mode) di cultura che, senz,a dubbio, hanno vivificato e allargato, forse più di quanto sia accaduto in ogni altro periodo della storia dell'Italia unita, il mondo culturale italiano dopo la fine della seconda guerra mondiale. Ora, un fatto del genere vale la pena che si noti perché la persistenza dell'interlocutore Croce e la 111isura in cui ne viene JJolarizzato il dibattito culturale in Italia non sono fenonierzi n1,eramente casuali. Anche se in questo dibattito la parte ·svolta dal crocianesimo f asse se111pre e unican1ente quella dell'ùnputato che si difende (e solo in malafede una cosa del genere:,potrebbe essere sostenuta!), anche in questo caso la sua presenza sarebbe la testinionianza migliore del fatto che in esso sono contenuti elementi essenziali ad ogni discorso critico moderno. lvla la verità è che la parte di Croce nella cultura italiana di oggi è ben lontana dal qualificarsi come quella dell'imputato. In molti settori è quella di chi chiama gli altri a rendere conto di sé; in alcuni altri torna ad essere tale, dopo di essere stata per alcuni anni diversa. Si pensi agli studi storici, in cui, dopo la grande vague gramsciana dell'immediato ·dopoguerra, un più equilibrato e disteso modo di giudicare si va lentamente, 1na sicuran1ente facendo strada; e la recente edizione dei corsi universitari del co1npianto Maturi, tanto accuratamente eseguita da Einaudi, è destinata - sia detto per incidens - ad avere, in questo senso, una grande funzione. Si pensi ancora agli studi di estetica e di critica letteraria, nei quali il grossolano tentativo di opporre il « realismo » desanctisiano all'« idealismo » crociano ed altre gratuite superfetazioni poleniiche dello stesso genere non hanno potuto eliminare il passaggio di ogni discorso sul punto più discusso forse di tutta la ricerca crociana, quello della distinzione tra poesia e non poesia, sia pure per dissentire e per esprùnere, attraverso il dissenso, più articolate e valide proposizioni estetiche e critiche. E non parliamo della sociologia italiana, alla quale proprio il pregiudiziale rifiuto di discutere, in funzione delle proprie esigenze, la nietodologia critica proposta dal crocianesimo ( rifiuto pregiudiziale che i nostri sociologi non perdono occasione per deplorare - e, bisogna amnzetterlo, non. del tutto a torto - in Croce e nella sua posizione· rispetto alla sociologia) ha precluso la possibilità d'esprimere, nel concerto degli studi sociologici odierni, una voce più originale e di evitare il rischio di svolgere funzioni prevalentemente volgarizza t rici, sul piano nazionalè, della più avanzata e moderna attività sociologica straniera: compito in se stesso onorevolissimo, ma che non può e non deve esaurire le an1bizioni di una tradizione sociologica che voglia appartenere alla grande cultura. Inso111n1a, Croce, le sue dottrine, le sue affermazioni e le sue negazioni rimangono un paradig1na, col quale il nuovo e il buono dell'odierna cultura italiana è sempre lieto di tornare a confrontarsi e a misùrarsi,e il vecchio e il cattivo non sa fare altro che rifiutare il confronto e la · misura in nome di astratte ~sigenze di « superamento » o sulla base di pregiudiziali condanne e di arbitrarie definizioni. 40 Bibliotecaginobianco -

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