Nord e Sud - anno X - n. 37 - gennaio 1963

NOTE DELLA REDAZIONE Le alternative dell'Europa Nei giorni 14 e 15 dicembre si è tenuto a Roma, per iniziativa delle Comunità Economiche Europee, un « Convegno delle riviste italiane sui problemi del Mercato Comune ». Articolato su tre relazioni (di Franco Bobba su « Mercato Comune e sviluppo econotnico », di Robe_rto Ducci s_u « La Comunità europea nel mondo» e di Achille Albonetti su « La Comunità euro.pea e l'unione politica dell'Europa»), che già si possono leggere a stampa e che, per di più, i relatori arricchiròno nelle loro esposizioni orali, il convegno ha dato luogo ad una vivace ed interessante discussione, che sarà, a sua volta, pubblicata. Ma più che sull'intero convegno, sul quale ci proponianio di tornare più diffusamente perché non è possibile darne esauriente conto nel giro di una breve nota, ciò su cui qui vogliamo attirare l'attenzione è un'affermazione che abbiamo udito ripetere più volte nel corso dei lavori del convegno stesso e dalle più diverse parti: che, cioè, non vi sarebbe un'alternativa alla politica europeistica, e che, pertanto, le classi dirigenti europee, lo vogliano o non lo vogliano, sarebbero costrette a fare una· politica di costruzione europea. Per la verità, questo se111bra a noi un giudizio sbagliato e pericoloso. È sbagliato perché non è affatto vero che nell'attuale congiuntura non vi siano alternative all'europeismo: di alternative, al contrario, ve n'è più d'una. I singoli stati europei, dall'Inghilterra all'Italia, possono oggi, abbastanza tranquillamente, decidere di fare una politica del iipo di quella, poniamo, dell'entre-deux-guerres, ossia una politica tradizionale, fondata su alleanze più o meno strette di gruppi di nazioni, che siano tra loro in maggiore o minore contrasto: ad esempio, un raggruppamento franco-tedesco al quale si affianchi e nella sostanza si contrapponga un altro che comprenda l'Italia, l'Inghilterra e i _paesi del Benèlux. Si tratta di una politica senza prospettive a lungo termine; ma nessuno può negare che sia una politica, come nessuno può negare che si possa fare e che, anzi, nella situazione di oggi esistano· alcune prernesse di essa. Ma c'è di più: le singole classi dirigenti europee potrebbero addirittura fare una politica meranzente nazion'ale, né la carica unitaria implicita nel Mercato Comune avrebbe la forza di impedirlo: nessuno può garantire, ad esempio, che i progressi tecnici dei prossùni due o tre anni non siano tali da consentire anche all'Italia o al Belgio di costruirsi una fo,rce de frappe in miniatura (magari in miniatura rispetto a quella francese o inglese!), la cui presenza costituirebbe, ovviamente, un fattore di accelerazione di politiche meramente nazionali. Le conseguenze sarebbero, a nostro giudizio, ancora più rovinose che nell'ipotesi precedente, perché da una 36 Bibliotecaginobianco

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