Nord e Sud - anno IX - n. 36 - dicembre 1962

Note della Redazione la disposizione del timbro sulla carta d'identità - negato al disoccupato che non dimostra di avere accettato presso l'ufficio di collocamento una delle offerte di lavoro disponibili - reintroduce quelle limitazioni alla mobilità della manodopera che si erano volute rimuovere con l'abolizione del passaporto. Di qui - con.elude « La Libre Belgique » - la necessità di un intervento della CEE. La tesi è montata con un.a certa abilità. E per potersi esprimere con piena cognizione di causa sulla sua, sia pure relativa, attendibilità, si dovrebbero conoscere meglio i fatti, si dovrebbe sapere, cioè, come si razionano in Italia i timbri sulle carte d'identità, fino a che punto l'emigrazione viene scoraggiata con sistemi che già ledono il diritto alla libertà di movimento, se vi sono stati casi di effettivo impedimento da parte italiana a quel tanto di mobilità delle forze di lavoro che è stata concessa dalla CEE fino ad oggi; e si dovrebbe sapere pure come agiva e come è stata smascherata la organizzazione per il reclutamento clandestino di lavoratori italiani destinati alle miniere belghe. Auguriamoci che qualche parlamentare volenteroso o qualche giornale scrupoloso riesca a saperne, di tutto ciò, più di quanto non· ne possiamo sapere noi in base alla notizia letta sul « Corriere della Sera». Resta comunque il fatto che le condizioni delle miniere belghe sono quelle che sono e che i belgi non hanno fornito le garanzie richieste dall'Italia per le condizioni di lavoro degli emigranti, nelle miniere e non soltanto nelle miniere; onde non dovrebbe essere difficile per il governo italiano scoraggiare l'emigrazione verso il Belgio senza ricorrere a violazioni del diritto dei cittadini alla libertà di movimento, senza ricorrere ai timbri sulle carte d'identità. Basterà dire, a chi volesse recarsi in Belgio, che è meglio recarsi in Svizzera o in Germania, per esempio, o addirittura che si può trovare lavoro in certe province dell'Italia settentrionale, a condizioni migliori. L'Italia, insomma, può oggi canalizzare· i suoi emigranti residui verso questa o quella destjnazione a preferenza di altre e può incoraggiare l'emigrazione temporanea, recuperabile, a preferenza di quella permanente. Ma può farlo e deve farlo organizzando i propri servizi interni di assistenza all'emigrazione, senza ricorrere a pratiche poliziesche. Questi servizi di assistenza all'emigrazione devono essere effettivamente organizzati e coordinati: non solo quelli interni ai fini di una canalizzazione delle correnti verso le migliori destinazioni, ma anche quelli esterni nei luoghi di destinazione delle correnti migratorie. È una questione, quest'ultima, che investe la responsabilità del Ministero degli Esteri: la rete dei nostri consolati deve essere ritessuta, in modo da assicurare la massima vicinanza possibile delle varie sedi ai luoghi dove approdano consistenti correnti migratorie (è recente il caso di Wolfsburg, dove gli operai italiani occupati presso la Volkswagen, a quanto sembra, si sono trovati privi di assistenza consolare in delicate circostanze, perché la più vicina sede di consolato era troppo lontana). Ciò detto, si deve pure aggiungere che per i paesi del Mercato comune il problema della penuria di manodopera che ne rallenta il ritmo d'espan40 BibliotecaGino Bianco

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