Nord e Sud - anno IX - n. 36 - dicembre 1962

Crisi internazionale e politica estera frappe autonoma: a torto o a ragione, il presidente francese voleva essere sicuro che colui il quale doveva premere il pulsante fatale, al momento opportuno, l'avrebbe premuto realmente. Sembra illogico pensare che gli alleati degli Stati Uniti si siano potuti porre un problema così grave e che i sovietici non se lo siano posto affatto. Si può dunque essere ben certi che la questione della credibilità della rappresaglia atomica americana sia stata oggetto al Cremlino di approfondite speculazioni; e che proprio sulla soluzione data ad essa sia stata commisurata la politica estera sovietica. Del resto, i dirigenti americani sapevano benissimo ciò e valutavano tutta l'importanza del problema: per mesi dopo la costruzione del muro di Berlino il presidente Kennedy ha ripetuto che i sovietici dovevano convincersi che gli Stati Uniti sarebbero intervenuti a difendere con ogni mezzo quelle che consideravano le loro posizioni « vitali »: il che mostra· fino a che punto Washington temeva che a Mosca si prestasse poca fede alla determinazione americana e fino a che punto si tenesse per pericoloso un tale stato di cose. In realtà, i dirigenti russi erano stati, per così dire, incoraggiati ad intrattenere tale convinzione: l'allineamento americano con Mosca durante la crisi di Suez, la contraddittorietà della politica degli Stati Uniti che per anni avevano oscillato tra la durezza a parole di 1m Poster Dulles e la transigenza bonaria di un Eisenhower, il fatto· che Eisenhower medesimo avesse definito «anomalous» la situazione berlinese, autorizzando in apparenza le speranze sovietiche di una soluzio,ne vantaggiosa alla Russia del problema, i contrasti profondi tra gli alleati occidentali, la risposta a1nericana al 1nuro di Berlino che, a torto o a ragione, parve ai russi più arrendevole del previsto; tutto ciò persuase Krusciov ed i s11oi amici a credere poco nella determinazione americana di esercitare il potere di rappresaglia nucleare e li incoraggiò a tentare una violazione più scoperta e clamorosa del principio dell'uti possidetis: la costruzione delle basi missilistiche a Cuba. I sovietici hanno sempre misurato e continuano a misurare l'eventuale atteggiamento] americano sul loro proprio: essi non esitarono a soffocare nel sangue la rivolta ungherese, mentre gli Stati Uniti consentivano il muro di Berlino e l'infiltrazione in Africa; 110n esitarono ad imporre ai finlandesi che il candidato socialdemocratico alla presidenza si ritirasse dalla competizione elettorale, mentre gli americani avevano tollerato il castrismo. Giudicata alla luce di siffatte esperienze la decisione sovietica di mandare missili a Cuba appare assai meno assurda di quel cl1e si potrebbe pensare a prima vista: l'attivo dell'operazione (tenere più di un terzo degli Stati Uniti sotto la minaccia della distruzione ato,mica con soli tre minuti di preavviso, e quindi possedere una formidabile arma di 11 Bibliotecaginobiarico

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