Il Vaticano e la prinia guerra mondiale storici faranno bene a seguire attentamente nelle loro ricerche. Ma non occorre attendere i risultati di queste indagini per accorgersi sin d'ora quanto Benedetto XV fosse favorevole al Salandra e ostile al Giolitti. Il Vigezzi ha ricordato in proposito diversi episodi illuminanti, che riguardano in maggioranza i primi atti compiuti dal pontefice subito dopo la sua ascesa al trono. Da tutto l'insieme se ne deduce che la politica vaticana fu sì tesa ad evitare l'intervento in guerra dell'Italia, ma riconobbe nel contempo la giustezza delle rivendicazioni che il governo italiano avanzò nel periodo di non belligeranza, in base all'articolo sette della Triplice. Del resto, proprio in sede di convegno, il Martini ha offerto in merito dei documenti chiarissimi, che denunciano un'insistenza del Vaticano nel cercare di ottenere concessioni territoriali per l'Italia, anche durante la preparazione diplomatica della nota dell'agosto del '17, e non solo alla vigilia dell'entrata in guerra. Quanto poi all'atteggiamento re1nissivo e « lealista » del movimento cattolico, tanto deprecato dalla Scoppola e dal Prandi, il Vigezzi ha giustamente ribattuto facendo osservare come questa· passività fosse in realtà un dato politico: è l'accettazione del programma del governo Salandra: « Tacere e obbedire è il criterio che il governo Salandra chiedeva all'opinione pubblica 18 • Francesco Grisi, in un rapido intervento centrato soprattutto sulla cultura cattolica del periodo, a sua sua volta ha ricordato come la guerra sia stata « il bloccaggio di determinati moti rivoluzionari. I cattolici, forse anche Benedetto XV, si resero conto di questo. Certo noi si andava verso una soluzione di uno Stato diverso da quello che avevamo. Se no11 ci fosse stata la guerra, certamente lo Stato italiano non avrebbe avuto più una certa situazione - pur col suffragio universale; comunque non avremmo avuto quei partiti politici, in quella misura di rappresentan .. za ». E anche questo è un elemento di cui occorre tener conto per capire quale contenuto politico avesse quella « passività » tanto lamentata. Non sembra certo un caso - come ha dimostrato ampiamente Alberto Monticone nella sua comunicazione « I vescovi italiani e la guerra 1915-18 » - se a partire dagli anni di guerra il Fondo per il 18 Si v. per questo quanto scrive A. C. JEMOLO, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino, 1949,p. 569: « ... il soldato italiano non poté mai temere che la sua non fosse una guerra lecita, fosse una guerra non benedetta. L'avversione alla guerra e il pacifismo - questo sì, deciso, a viso aperto, con manifestazioni quotidiane che facevano veder rosso nel campo opposto - del Partito socialista ufficiale faceva d'altronde sì che tutta la massa benpensante, tutti i parlamentari equilibrati, non lègati a sètte, sentissero la necessità di tenersi avvinti al mondo cattolico, di non amareggiarlo inutilmente, di farne un elemento legato al governo, disposto ad assumersi Ja solidarietà morale della guerra e della sua condotta ». 125 Bibliote ginobianco
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