Nord e Sud - anno IX - n. 36 - dicembre 1962

• Vittorio de Caprariis dunque col trionfo dei principi repubblicani e democratici. Pure, quella vittoria era stata meno ricca di conseguenze di quanto non avessero sperato o pensato i seguaci del « saggio di Monticello»: e già le parole famose che questi aveva pronunciate nel suo messaggio inaugurale ( « siamo tutti federalisti; siamo t11tti repubblicani») eran sembrate ·annunciare la differenza che vi sarebbe stata tra il Jefferson capo dell'opposizione anti-federalista e il Jefferson presidente della repubblica. Ma più importante ancora delle concessioni che il !I-uovo presidente dové fare alla dottrina ed alla prassi federalista che aveva tanto combattute, fu il rivoluzionamento che ebbe luogo in entrambi i partiti: ché i repubblicani, fosse per la logica del potere, fosse per necessità politica, fosse per segreto istinto conservatore, finirono con l'avvicinarsi sempre più alle posizioni dei federalisti, e questi, a loro volta, constatate le gravissime difficoltà che si frapponevano alla riconquista totale del potere, avevano messo da parte ogni risentimento per le polemiche precedenti e s'erano mescolati ai repubblicani, dividendo cori essi il governo. Le linee di distinzione tra i vecchi partiti erano, così, quasi completamente cancellate, e la nuova unione di federalisti e repubblicani aveva accentuato l'involuzione conservatrice di questi ultimi: tale involuzione, che s'era cominciata già a delineare con la presidenza di Jefferson e soprattutto di Madison, si accentuò c9n Monroe e toccò finalmente il p11nto più alto della curva con Jol1n Quincy Adams. L'irruzione di Jackson nella lotta politica americana nel 1824 e la sua vittoria su Adams nel 1828 spezzarono, dunque, la spirale involutiva, spazza-. rono via il predominio delle cosiddette aristocrazie della Nuova Inghilterra e diedero inizio ad un periodo di rinnovata democrazia politica, economica e sociale. Tale, come ho accennato, è stato per molto tempo il quadro che la storiografia americana ha presentato dell'evoluzione storica degli Stati Uniti nei primi decenni dell'Ottocento. E non è difficile intravvedere in questa rappresentazione l'influenza delle idee di Beard e di Turner e della loro tendenza ad individuare nelle distinzioni economiche le linee di divisione della lotta politica americana nei primi quarant'anni di vita della nuova repubblica. In effetti il succo di quell'evoluzione che di sopra si è accennata può benissimo essere tradotto in termini di determinismo economico: i contrasti economici e le tensioni sociali che si erano rivelate già durante la Rivoluzione diventarono dominanti con la fine della guerra; la costituente di Filadelfia segnò una battuta d'arresto nel rivoluzionamento politico-sociale che era stato proprio degli anni fino al 1787 e le forze conservatrici avevano potuto prendere il predominio; ma poi nel 1828 i ceti più umili, con l'aiuto dei nuovi venuti nella federazione: gli stati dell'Ovest, avevano potuto avere il sopravvento ed avevano dato alla vita americana una nuova spinta ugualitaria. Appunto questa interpretazione è stata criticata a fondo dagli studiosi più recenti, da Dorfman a Hofstadter, a Hammond, a Myers, che ne hanno avanzata un'al~ra, affatto indipendente dalle polemiche politiche dell'era jacksoniana e da quelle dei primi anni del nostro secolo, ed assai più 104 Bibliotecaginobianco I \

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