• Nicola Pierri è concepita in maniera così rigorosamente t1nitaria, che le sue attuali, e per noi al tutto naturali, divisioni sarebbero « un'altra stravaganza dei nostri tempi>> [sic!], inspiegabile in fondo, perché potrebbe esservi una compenetrazione d'idee ed atteggiamenti tra « il democristiano, il socialdemocratico, il repubblicano, il radicale e perfino il liberale che si sono formati sotto il fascismo », da una parte, con le loro preoccupazioni di libertà, ed « il socialista e il comunista», dall'altra, con le loro istanze di giustizia sociale; se non .che « codesta specie di simbiosi... è impedita da non so quale incantamento »). E pertanto nell'inchiesta il criterio di generazione è limitato, e con ciò stesso legittimato. Ma, pur in questi limiti, che frutti produce? Per gli amici di « Paradosso » molte sono le omogeneità che si riscontrano tra le varie risposte. Uno degli intervenuti, Matteo Matteotti, osserva che ciò è in gran parte dovuto al fatto che quanti le hanno date provengono dallo stesso ceto ed hanno fatto gli stessi studi. La concatenazione di causa ed effetto non ci sembra qui logicamente fondata. Noi $tessi poco sopra avanzavamo qualche riserva st1i limiti del campione d'inchiesta; e ciò pur se è onesto riconoscere che dei problemi civili son chiamati a prender coscienza quelli che se ne interessano e li studiano, i quali in Italia per lo più non tanto appartengono ad u11 ceto, quanto hanno compiuto un comune corso di studi. Ma questo non comporta affatto omogeneità di visione e di azione. Più valida è invece l'osservazione d'un recensore, che tale omogeneità, abbastanza notevole nelle parti rigt1ardanti il fascismo e la guerra,· si attenua di molto o addirittura si perde quando si passa a trattare del dopoguerra. Le altre conclusioni che il prefatore, Ezio Antonini, trae dall'inchiesta, specialmente riguardo a marxisti e cattolici, ci sembrano esatte e penetranti: consentiamo pure con l'ottimistico accenno finale ai nuovi eventi, ringraziamo delle speranze riposte in quel che ancora ha da dire e fare la nostra generazione, accettiamo l'invito a proseguire il dialogo con i più giovani sul piano della direzione da imprimere al lavoro ed all'impegno civile di ogni giorno. Ulteriori osservazioni, però, ci sen1bra di dover fare, e riguardano ancora la formazione· stessa del nostro antifascisn10. Ci ricolleghiamo così strettamente al problema di fondo posto dal Viaggio di Zangrandi. Altri ha osservato che, col nome di Gramsci, anche quello di Croce ricorre frequentemente in queste risposte, come di maestro almeno provvisorio, là dove gli autori. raccontano del loro risveglio - avvenuto in chi prima e in chi dopo - dal sonno ideologico più o· meno intensamente fascistico. Già questo smentirebbe Zangrandi, al quale l'antifascismo vuol parere, quasi quasi, una scoperta dei giovani fascisti. Se non che, recens(?re stesso intitola il suo articolo: « Una generazione senza maestri». Ed un altro osserva che l'inchiesta presso La generazione degli qnni difficili conferma in gran parte le tesi del Lungo viaggio, senza però gli eccessi polemici di questo. In realtà, non vediamo proprio come siffatta assenza di maestri possa esser 102 Bibliotecaginobianco
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