• Nicola Pierri proprio questo delle « responsabilità» il discorso che sta a cuore allo Zan-· grandi: il SllO fine è di ritorcere le eventuali accuse alla generazione del fascismo, rigettandole sulle due precedenti. Per questo l'ampia documentazione raccolta nelle appendici sulle colpe dei padri e dei nonni sa tanto· di « comparsa» avvocatesca; per questo ancora il libro i;iesce alla fine poco persuasivo, ed anche qua e là sgradevole. È stato detto da altri che sarebbe stato meglio tacere molte delle notizie riportate in qt1elle appendici, non per coprire ipocritamente le responsabilità di chicchessia, ma per evitare che dello scandalo profuso a piene mani si alimentasse il facile qualunquismo dei neo-fascisti. Ora è fuor di dubbio che nelle pagine dello Zangrandi i fascisti autentici finiscono per figurare meglio dei non fascisti che ebbero debolezze o compromissioni, sia pure fugaci, col regime. Ma non è tanto questo che conta. È l'acre « processo » ad intere generazioni, per stornarne uno presunto a sé stesso ed ai propri coetanei, che desta riserve, se non addirittura irritazione, e che, alla fine, nuoce alla stessa verità che si vuol dimostrare; giacché nella tesi dello Zangrandi, la cosa va detta subito, c'è non poco di vero. Che senso ha, per esempio, insistere tanto, gonfiandole, sulle « responsabilità» fascistiche di uomini come Croce, D'Aragona, De Gasperi, Nitti, don Sturzo? Se anche esse fossero state maggiori di quel che Zangrandi presume, ai tempi in cui lui e noi eravamo chiamati a decidere· dei personali orientamenti politici essi rappresentavano l'antifascismo, non il fascismo. E l'antifascismo appunto noi apprendem1no - assai per tempo, ci sia consentito aggiungerlo con fierezza - dai libri di Croce e di molti crociani. (Basti, in questa sede, tale osservazione. Ma a proposito soprattutto di Benedetto Croce, cui non è stato certo il solo Zangrandi in questi ultimi tempi ad attribuire addirittura « t1na funzio11e storica di sostegno al fascismo», occorrerà pure, una volta o l'altra, vincere ogni fastidio e ripigliare il discorso per intero e daccapo). Se queste « rievocazionj di responsabilità » siano opportune, è problema che lo stesso Zangrandi si è posto; e lo l1a risolto secondo una superiore opportunità: quella, com'egli dice, « che i giovani sappiano, fin che sono in tempo, e non capiti loro che un nuovo conformismo li privi - come a noi accadde - di una capacità autonoma di giudizio e di orientamento». Sull'opportunità che tutti, e non solo i giovani, sappiano: perfettamente d'accordo. Ma che s'intende col resto? Mettere in guardia contro le sopravvivenze del fascismo, o· contro lo spirito conformistico che sembra una male ... dizione perenne della nostra Italia? E va bene. Ma addirittura lo Zangrandi sembra stabilire una continuità sola tra prefascismo, fascismo e postfascisn10. E questa ci sembra invero posizione assai sterile ed infeconda; anzi, una vera e propria confessione di fallimento della nostra generazione (per lo meno prematura, invero). Altro dunque saremmo già incapaci di insegnare ai giovani, se non questo solo, che fummo vittime, e metterli in guardia dal cadere vittime anch'essi. Non per nulla lo stesso Zangrandi, nel suo intervento pubblicato nel secondo dei libri che recensiamo, parla a tutto 100 Bibliotecaginobianco .
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