Giornale a più voci solo che può spiegare tutto: il seme gettato tra le pieghe dei solchi; la cooperativa all'inizio fu un seme ». Le decisioni nei contadini hanno incubazioni lente e silenziose: « Una sera, quando li convocai tutti nella mia casa, buttai quel seme su un terreno incolto, duro, che nessuno aveva tentato di portare alla vita. Ed aspettai: conosco come il seme lavora sotto le zolle, i suoi respiri silenziosi; per molti mesi la terra è per noi un grembo materno che trattiene dentro una vita. E soprattutto non ebbi fretta. Mi raccomando: non abbiate mai fretta con i contadini, non li forzate ad avere fretta, anche se andranno in motoretta, in vespa ». Il contadi110 è a suo modo un diplomatico: quando dice si subito, senza rifletterci a lungo, sicuramente dentro dice no; quando dice no è che non vuole approfondire l'argomento, lo vuole eludere; quando sul suo volto si manifesta il dubbio, il sospetto, allora qualcosa è avvenuto in lui, una piccola rottura, una piccola disponibilità: « quando li riunivo in casa, in gruppo tutti erano d'accordo davanti alle mie argomentazioni, ai miei sforzi per spiegare una semplice operazione aritmetica; ma appena usciti fuori di casa, eccoli ritornati nel loro guscio. È più facile combatterlo, il contadino, che comprenderlo ». Mentre si inoltrava nell'impresa, il giovane capiva per la prima volta che il peggiore nemico del piccolo coltivatore diretto era la mentalità del piccolo coltivatore diretto: non erano suoi nemici la grandine, la gelatura, la siccità, l'artigiano, il sensale, il cittadino, il commerciante all'ingrosso dei suoi prodotti, il bottegaio; questi ultimi non facevano altro che sfruttare un'occasione, una mentalità così cordialmente ostile a se stessa. Solo a contatto con questo esperimento la diffidenza, questa parola così vaga e così compatta, prendeva forme precise, si definiva, si riempiva di contenuti, si allargava, assumeva tre aspetti: era paura, orgoglio e pudore. Paura dell'avvenire, di cambiare, di prendere nuove strade che il contadino non conosceva: e infatti, il piccolo proprietario odia le novità, la terra ha leggi eterne, immutabili, che non sono ancora cambiate, l'uva continua da secoli, da giorni immemorabili a maturare nel settembre e ai primi di marzo · a sbocciare il mandorlo. Orgoglio di essere lui il protagonista della proprietà, dei suoi sforzi: il contadino non è un egoista (magari lo fosse), ma un individualista che non ha mai fatto il calcolo delle possibilità che avrebbe potuto sfruttare con gli altri. Pudore di fronte agli altri, lui che è un geloso custode dei suoi problemi, dei suoi guadagni, dei suoi risparmi, dei suoi errori, in una cooperativa doveva svelare cose che non voleva dire, con gli altri soci dividere i profitti, discutere i bilanci. Da questi tre stati d'animo fondamentali, da qt1este tre difficoltà organiche, derivano altre, quali il sospetto reciproco, la furberia, il compromesso, tutte le angustie, i limiti, le caratteristiche della mentalità contadina. Il più diffidente nel gruppo dei soci era il più piccolo, chi possedeva meno ettari di terreni: gli sembrava impossibile, se non troppo pericoloso, unirsi con il più ricco, con il più forte insomma, in una terra che ha conosciuto da secoli solo il valore e le gerarchie della ricchezza terriera. « Il padrone del retroterra barese - continua il giovane di Sanni57 Bibliotecaginobianco
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