Nord e Sud - anno IX - n. 35 - novembre 1962

Giornale a più voci Restino i nostri dei semplici accenni, sinceri ma reverenti, come l'uomo, di alta tempra morale, li avrebbe certamente non tollerati ma desiderati per amore di verità. Ché questo amore più vicino, e maestro venerabile, rendeva ai nostri occhi il Flora, col quale sentivamo una reverenziale affinità, quasi che egli fosse stato non già solo il critico eminente, lo scrittore dotto e saporoso, ma un antico filosofo o, se si preferisce, un filosofo all'antica, per il quale il vero continuava irresistibilmente a sopravanzare sull'utile, sulle convenienze, sulle piccole o grandi bravure della politica. Le sue riviste, La Rassegna d'Italia, poi continuata col' titoto di Letterature lv1oderne, giustificavano ampiamente tale sua inesausta passione del vero, una passione che lo leva al di sopra delle continge11ti polemiche o dei dissensi politici. Se molti scritti non letterari ma filosofici ispirati alle idee del Croce, ai quali fino a qualche anno fa non era agevole trovare una collocazione nelle riviste accademiche, hanno potuto veder la luce, ciò lo si deve in massima parte all'opera di Flora, che aprì le pagine delle s11e riviste ai più attivi e autorevoli continuatori della filosofia crociana. Antoni, Alfieri, Attisani, Pa- . rente, e parecchi altri tra i più o meno giovani, hanno potuto scrivere sulle riviste di Flora molte cose che altrove sarebbe stato impossibile scrivere con pari libertà e impegno. Ricordiamo qui anche i due fascicoli speciali che ciascuna delle due riviste dedicò, per iniziativa del Flora, a Benedetto Croce, l'uno in occasione degli ottant'anni e l'altro della mo,rte, entrambi ricchi di scritti cl1e ancora oggi fanno testo; ricordiamo l'appoggio da lui dato anche sul• piano della politica universitaria e dell'editoria a quanti stimava e sentiva affini nel n1odo di atteggiarsi verso la cultura e la verità. È importante - e non so se verrà sufficientemente ~ottolineato - che Flora, ben diversamente da altri convertiti al comunismo, non sentì mai alcun bisogno. di ricorrere a Marx per illustrare non solo Dante · o Tasso, Manzoni o Pascoli, ma anche i più « impegnati » e « sociali » tra gli scrittori contemporanei. Ricordo le sue appassionate difese del De Sanctis dai tentativi di annessione marxisti, e ancor più le sue sdegnose e sarcastiche repliche a quanti, non sempre in perfetta buona fede, s'immaginavano di poterlo opporre a Croce, cioè a colui al quale essi, come tutti, dovevano la piena comprensione e conoscenza del grande critico irpino. Forse per questo oggi i comunisti, con la loro proverbiale ingratitudine, già parlano di Flora come dell'ultimo rappresentante di 11n mondo di pensieri e di ideali teoretici a cui essi non possono non continuare a essere tenacemente avversi (Cfr. Paese sera del 18-19 settembre 1962, pag. 3). Se dunque una parte, la più compromessa con gli interessi politici, della cultura italiana, mostra, così giudicando, di prevedere, se non di sperare, che dopo Flora la stirpe dei crociani e degli storicisti possa ormai considerarsi estinta, a noi, anche per questo verso, incombe il dovere di una precisa messa a punto. Sì, ~ertamente con Flora è scomparso uno degli ultimi rappresentanti di quel pensiero idealistico italiano a cui, pur tra contrasti, errori e difficoltà, che sono propri di tutte le cose umane, dobbiamo il primo effettivo rinnovamento della nostra cultura. Dopo De Rug49 Bibliotecaginobianco \ .. ..

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