Nord e Sud - anno IX - n. 35 - novembre 1962

• Raffaello Franchini che chi ne è l'oggetto può prosentare come candidato alla sopravvivenza nella memoria dei contemporanei e dei posteri. Un uomo vivo e, oltre la lucida elaboratissima sua prosa di scrittore, tormentato e scosso dalla passione politica, abituato a dare perfino qualche pena ai suoi amici pur di tener fermi certi punti del suo atteggiamento verso il comunismo, da lui considerato sempre come una forza politicamente positiva, non potrà venire ricordato senza che il suo passato, per un verso o per l'altro, non conservi su chi di lui discorre in morte la stessa forza di attrazione negativa o positiva che ogni agire non oscillante o non diplomatico esercita sugli uomini. Tuttavia, noi, anche se non fossimo stati legati a Flora da una ormai antica e devota amicizia, riterremmo ug11almente di non doverci affiancare a coloro che, così polemizzando, continuano un discorso che, per parte nostra, abbiamo considerato legato a valutazioni contingenti e dobbiamo ritenere quindi oggi privo di attualità. Inoltre, sempre ci parve che Flora fosse da considerare con un rispetto particolare, che egli ben sentiva di meritare e sapeva meritarsi, perché il suo indiscutibile, e dichiarato, filocomunismo non assunse i toni fastidiosi di intolleranza e di condanna teologica per i diversamente opinanti, cui pure tanti tutt'altro che giovani neofiti ci avevano abituati e non ancora hanno smesso di abituarci. Forse su questo sereno ed equilibrato atteggiamento del Flora aveva un influsso decisivo, più che la sua splendida cultura di t1manista, e dunque la sua superiorità o aristocrazia morale, l'esperienza veramente esemplare della stia famosa opposizione alla dittatura fascista. Non a caso scrivo « famosa » perché probabilmente di nessuno degli uomini di cultura che fossero antifascisti militanti si è mai così poco messa in dubbio la totale, assoluta intransigenza come nel caso del Flora. A dittatura finita veramente egli fu dei pochissimi che avessero il diritto di parlare a voce alta e anche quello di giudicare gli altri: eppure Flora conservò sempre la più severa e controllata misura nell'avvalersi di quei pur legittimi suoi diritti. Non a caso Croce lo prescelse come redattore responsabile della Critica in un periodo in cui il regime cercava con mezzi « giuridici » di impedire la pubblicazione di quella rivista che né le minacce né le lusinghe erano riuscite ad addomesticare; né fu senza un preciso significato che il primo saggio di valutazione complessiva sul piano etico-politico del fenomeno fascista fosse dovuto proprio al Flora, al suo magistrale Ritratto di un ventennio, che l'Italia liberata offrì, mentre la Resistenza andava infittendo le sue file, alla meditazione dei giovani appena usciti dalla triste vicenda della dittatura e della guerra. Fermissimo nell'opposizione effettiva e sofferta a un'effettiva e sofferta dittatura, i cui germi si erano tutt'altro che estinti nell'Italia del dopoguerra, egli ritenne probabilmente di essersi vaccinato nei co,nfronti di qualsiasi altra dittatura, specie se la ritenesse ipotetica o lontana. Varrà forse, per la sua forza di esempio, ricordare pure l'aneddoto vero che si raccontava del Flora, il quale durante il fascismo evitava non solo di incontrarsi coi fascisti, ma di restare in qualche pubblico locale in cui occhieggiassero le funeree uniformi della dittatura. 48 Bibliotecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==