Nord e Sud - anno IX - n. 35 - novembre 1962

La ricerca geografica e i problemi territoriali della politica di sviluppo quello spirito di intrapresa che mi spinge nelle zone di confine fra discipline diverse). A parte comunque questa amichevole e scherzosa ironia, come ritorsione nei confronti di alcune « battute » dell'amico Colamonico, certo non meno amichevoli e non meno scherzose; a parte la questione dei rapporti fra attività scientifica e attività giornalistica che non può essere risolta nei termini reazionari di una affermazione di incompatibilità, cl1e non credo rientri nelle intenzioni di Colamonico; a parte quei riferimenti di ordine personale che, se sottolineati più di quanto non sia sufficiente ai fini della discussione generale che ci interessa (e c'è un punto, però, come vedremo, a proposito del quale non ho potuto fare a meno di raccogliere il riferimento perso,nale), possono far degenerare tale discussione in una polemica priva di rilevanza culturale, vi sono due considerazioni fondamentali, mi pare, in cui si articola il « chiarimento» di Colamonico. Per ognuna di esse devo a mia volta fornire un « chiarimento », senza ricorrere, naturalmente, all'artificio di « deviare la discussione su questioni particolari e di dettaglio ». 1) A proposito del mio rilievo sulla necessità di non preoccuparsi di.« fissare anzitutto nettamente i limiti entro ct1i contenere » gli studi di geografia (e di tenere conto, invece, per impostare correttamente certi problemi, che sono anche geografici, e magari specialmente geografici, di « prospettive che non sono classificabili come geografiche in senso stretto »), Colamonico osserva che è in generale compito di ogni studioso, « così in geografia come in qualsiasi altro ambito di lavoro, di mantenersi scrupolosamente nel settore che gli è riservato, senza invadere quello che è proprio di altri studi»; e aggiunge che « codesto principio » è da tutti « considerato, nella valutazione critica, come un titolo di serietà di costume e come primo positivo giudizio di equilibrio da parte dello studioso, perché fornisce una valida prova di rigore e disciplina di pensiero »; e, ad applicarlo scrupolosamente, si evita di « incorrere più facilmente in erronee interpretazioni o in giudizi inesatti », pericolo tanto più grave o~gi, « nella odierna vastità e profondità del sapere », essendo « impossibile », anche per gli studiosi più « versati~i », di « dominare campi diversi di studio, pur se siano di discipline affini ». Tutto questo, secondo Colamonico, sarebbe « ovvio». E in apparenza lo è, magari; soltanto in apparenza, però, in quanto si tratta come sempre di una questione di limiti e di senso dell'equilibrio. Non· si · pensa affatto che gli studiosi di geografia debbano essere invitati « a 119 Bibliotecaginobianco

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