Nord e Sud - anno IX - n. 35 - novembre 1962

Recensioni città interrotta, come l'uomo meridionale. A raccontarne e stimolarne la ripresa occorrerà uno scrittore tanto «freddo» - augura Gatto - che a toccarlo ci si scotti le dita. Dove per quel « freddo » intenderei appunto lo sprezzo forse aristocratico, il calor bianco deJla passione civile, l'elaborazione di strutture nuove. Con una a11alogia 11n poco ardita farei ricorso a ciò che scrisse in America Allen Tate intorno al 1930: « l'intellettuale del sud, per vincere, deve servirsi di uno strumento che sia politico e così antirealistico e pretenzioso da non ispirargli alcuna fiducia, e servirsene per ristabilire una vita intima, sufficiente a se stesso ed essenzialmente spirituale ». Non tutto quadra nel paragone, e bisogna stare attenti a intendere nel giusto senso l'aggettivo « spirituale»; ma la linea di fondo fra l'esigenza dell'artista e il suo impegno collettivo in un determinato contesto sociale quale quello del sud, tocca pure l'augurio per il nuovo scrittore e l'ennesima spina che il meridionale Alfonso Gatto l1a confitto nel centro della questione. Per odio e amore. ENzo GoLINO I "sergenti" dell'industrializzazione Nel Bersaglio, l'interessante collana di saggi e inchieste sulle professioni diretta da Giovanni Grazzini, è comparso, ultimo in ordine di te1npo, un volumetto che ci pare opportuno segnalare giacché, riassumendone i termini, fornisce qualche spunto ad un dibattito senza dubbio d'attualità: quello sulla preparazione dei cosidetti « quadri intermedi » e sul loro inserimento nelle attività produttive. Dedicato a « Il perito industriale » (Vallecchi, Firenze 1962 - L. 1000), il volt1metto, di cui è autore Tino Neirotti, inviato speciale de « La Stampa», pone l'accento su alcune piaghe della presente società italiana, o meglio su quelle carenze e sfasature che, seppur di non recente origine, hanno acquistato un particolare rilievo in questo periodo di espansione accelerata o, come si asserisce, di miracolo economico. In primo luogo la « crisi » dell'educazione umanistica mostratasi non idonea a fornire nella misura richiesta il ricambio alle strutture dirigenti, e, ciononostante, ancora posta su un piano di intangibilità a detrimento di nuovi indirizzi formativi capaci, dal canto loro, di sopperire ai nuovi bisogni. Poi, e come diretta conseguenza di questa prima situazione, un problema sociologico, lo stereotipo che solo un lavoro di tavolino meriti rispetto: « Varcai la soglia dell'istituto tecnico col cuore gonfio di tristezza. Pensavo che non avrei mai potuto farmi . una cultura coime gli amicì che andavano al ginnasio. Li invidiavo, mi sentivo un fallito, un manovale qualunque» - confida un perito industriale, oggi ottimamente « sistemato», all'autore del libro. Ed un'altra, in procinto di lasciare una grande azienda elettrica per una piccola fabbrica: « Me ne 105 Bibli~tecaginobianco

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