Nord e Sud - anno IX - n. 29 - maggio 1962

• Calogero Muscarà - Nello Ajello in uno schema che ha solo significato pratico. Si deve anzi lamentare, a questo proposito, che la bibliografia non sia ampia come si vorrebbe e che la pubblicazione non riproduca certe significative rappresentazioni cartografiche che faciliterebbero anche in questo settore il compito dei ricercatori. Il Précis si presenta infatti come indispensabile aiuto per gli studiosi interessati ai problemi della città, un campo dalle prospettive aperte non solo alla geografia urbana, ma più ancora alla geografia senza aggettivi e a quella economica in particolare, che hanno ormai individuato nella città un centro che condiziona e organizza la regionalizzazione del mondo. CALOGERO MUSCARÀ La Toscana di Laurenzi Può un vero critico del costume, un moralista serio ed impegnato (a dispetto delle disincantate apparenze) come Carlo Laurenzi non annoverare, nella propria storia di uomo e di scrittore, qualche zona d'ombra nella quale l'esercizio dell'intelligenza e dell'ironia possa farsi meno vigile e spietato, qualche argomento capace di trasformare il suo continuo epigramma in elegia? Di fronte alle «colonnine» più intense e raffinate che siano comparse, in questi ultimi dieci anni, sui giornali italiani ci eravamo sempre posti, come lettori, questo quesito. Lo stesso interrogativo rispetto al « genere» di letteratura praticato e nobilitato (se non proprio i11augurato) dal Laurenzi ci si era riproposto, più tardi, nel « consultare » il primo volume da lui pubblicato, Due anni a Roma, Venezia, Neri Pozza, 1957 che era un vero e proprio repertorio di spunti, impressioni, ritratti, considerazioni sarcastiche, polemiche o amare: un'antologia, inson1ma, del lavoro quotidiano di Laurenzi, rivolto ad analizzare la suppellettile umana di « un paese la cui vocazione sarebbe una felicità senza sforzo e senza lacrime». Ci sembrò che in quel libro -- accanto alla esatta coerenza dello scrittore, alla costanza delle sue passioni e delle sue allergie, politiche e di gusto - emergesse a tratti una intima part~cipazione, sia pure espressa con sobrietà e perfino con disagio, riguardo alla realtà da lui effigiata ed ai suoi squallidi eroi. Nella vasta campionatura sociale e psicologica che ci veniva offerta, quelli che apparivano in minor numero e sui quali l'autore si fermava meno a lungo (quasi a difendersi da postille patetiche e rugiadose) erano i personaggi che si sarebbero detti « positivi», i poveri, i miti, « quelli che devono essere pudicamente amati ». Ma nell'equilibrio dell'opera essi restavano come un fondamentale termine di confronto, tale da dare un senso alla complessiva requisitoria sugli aspetti frivoli, ottusi o farseschi della vita contemporanea. Senza quei malinconici cedimenti ~motivi, neanche uno scrittore sobrio e guardingo come Laurenzi sarebbe forse riuscito a salvarsi dal protestatarismo fine a se stesso, dalla umoristica e gratuita « cattiveria». 84 Bibliotecaginobianco

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