Raffaello Franchini teoretica; per quanto recisa possa manifestarsi l'opposizione al suo modo di intendere la storia della filosofia; per quanto discutibile possa appari;re ai competenti il suo tentativo di riesumare la metafisica storica - é impossibile non dargli atto di un merito che la nequizia dei tempi filosofici rende davvero eccezionale, quello cioè di saper se11tire e far sentire con impegno assoluto il valore ineliminabile dell'azione morale. E poiché l'etica, pur se si distingue dalla politica, non può attuarsi se non in e attraverso questa, attraverso l'intervento attivo nella vita della comunità, é chiaro che Jaspers si impone ormai alla nostra considerazione come qualche cosa di più che un moralista. Egli infatti non si tiene con la facile alterigia del filosofo accademico, al di sopra della mischia, ma scende risolutamente in campo assumendosi senza mezzi termini la sua parte, non piccola, di responsabilità, ed evitando anche quella piuttosto comoda forma di limitazione della responsabilità che consiste nel definire « politica di un impolitico» la propria partecipazione alle vicende dei contemporanei. Direi che questo atteggiamento è quanto di meglio possa offrirci, oggi, in particolare un filosofo e in generale un intellettuale impegnato. Talché la sua voce acquista il timbro inconfondibile di chi, cosciente beninteso della propria superiorità, sa che l'unico modo di farla davvero valere consiste nel calarsi dove più ferve la lotta e più il parteciparvi rende difficile la conquista o la conservazione della popolarità: « Il filosofo - scrive infatti in un punto - pensa al di là del momento e non agisce. Non pe11sa che a delle pos- · sibilità ed é responsabile soltanto della serietà con cui cerca la via della verità. La sua opinione non ha nessun peso sull'azione del giorno, ma egli ha una tanto più grande responsabilità per il mondo delle idee create da lui, per le conseguenze nel modo di pensare politico, e per la formulazione dei fini nel loro complesso». Ciò non toglie che Jaspers abbia fede anche nella capacità di intervento diretto ed immediatamente efficace del filosofo nelle grandi questioni politiche, nel senso, riteniamo, che la consuetudine col teorizzare può e deve consentirgli una libertà di linguaggio e un potere di proclamare con forza le cosiddette verità sgradite, che il politico di professione deve troppo spesso accantonare per motivi facilmente intuibili. Un posto ce11trale nel gruppo di verità difficili, e dunque non gradite, che il pensatore tedesco si é prefisso, con socratica tenacia, di ripetere ai suoi concittadini, continuando in tal modo un'opera di elevata pedagogia politica da lui iniziata nell'immediato dopoguerra col volume La colpa della Germania (noto anche ai lettori italiani), occupa, come indica il titolo della presente silloge, il problema della riunificazione della Germania. La tesi di Jaspers é, in fondo, estremamente moderata, e forse per questo ha suscitato le proteste degli estremisti di destra e dei finti liberali, che in Germania abbondano; e si può riassumere nel concetto che la riunificazione non può venire in nessun modo considerata un ritorno al passato. Lo stato nazionale, da Bismarck a Hitler, ha significato per la Germania una doppia catastrofe, e anche se la seconda è stata di gran lunga più grave sul piano politico ed etico, rispetto alla prima, non v'é oggi motivo sufficiente per ritornare, 78 Bibliotecaginobianco
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