Nord e Sud - anno IX - n. 29 - maggio 1962

Il giornalismo sportivo di molti grandi cronisti dell'epoca e col superamento di alcuni dei loro modi stilistici. Sia pure per via indiretta si riflette anche su questo settore il mutato indirizzo culturale del paese: al sottofondo dannunziano dei ceti borghesi nei qualf si reclutano i giornalisti, si va costituendo, specialmente nei giovanissimi, un orientamento nuovo e più consapevole. Vittorini e Pavese non hanno lavorato invano per proporre i modelli anglosassoni, da Melville ad Hemingway; la battaglia degli ermetici, che si rifanno ai migliori modelli europei, da Valéry a Rilke, serve a rendere più esigenti verso se stessi anche i più modesti scrittori delle ultime leve; e quanti arrivano allo sport dalla milizia marxista, portano nell'osservazione il gusto per le cose concrete, per l'indagine sistematica e sociologica. Cambia, in breve, il punto di vista di fronte al fatto agonistico ed all'organizzazione che lo realizza: cambia la mentalità, cresce il rigore critico, si accentua la tendenza all'ironia e alla denuncia. Questa rivoluzione risponde, ovviamente, alle mutate esigenze del pubblico che - per essere assai più folto e meno ingenuo - non saprebbe ormai appagarsi della vecchia retorica di tipo elegiaco. Il giornale sportivo può sopravvivere solo a patto di adeguarsi al nuovo corso della pubblicistica, e in definitiva della società italiana. Deve anzitutto selezionare più severamente i suoi quadri, perché il libero confronto delle tesi tocca un'asprezza sconosciuta al tempo del fascismo. Deve modificare radicalmente la propria tecnica per tutta una serie di ragioni fondamentali, che vanno dalla diffusione delle trasmissioni radiofoniche (e poi televisive) alla concorrenza dei quotidiani politici ingigantita ora in quantità e qualità. Deve fare i conti con un lettore più frettoloso, più avido, pettegolo e indiscreto, in una parola con un lettore incontentabile, che i rotocalchi e i fogli boulevardiers della sera stanno abituando alla ricerca ossessiva della notizia e peggio ancora del retroscena, vero o inventato che sia, in una cornice formale sempre più immaginosa e sintetica, con molte illustrazioni, molte indiscrezioni, titoli spiritosi e reboanti, un'impaginazione vivacissima. Nonostante le sensibili difficoltà, il giornalis1no sportivo vince la sua battaglia raddoppiando il numero dei quotidiani e le vendite giornaliere. Pochi anni dopo la fine della guerra, gli editori della « Gazetta dello Sport » prendono una decisione rivoluzionaria affidando la direzione del venerando giornale ad un ragazzo di trent'anni. Il quotidiano torinese « Tuttosport », fondato subito dopo la Liberazione, da Renato Casalbore, e quindi diretto da Carlo Bergoglio, sceglie la stessa strada - quando si trova a fronteggiare la crisi susseguente alla morte dei suoi direttori. L'esito positivo dell'esperimento trascina su posizioni formal61 Biblio. ecaginobianco

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