Nord e Sud - anno IX - n. 29 - maggio 1962

Giornale a più voci te sociali che a quelle strettamente economiche, sostengono che i cento miliardi disponibili debbono esere impiegati per offrire alla popolazione napoletana quei beni e quelle opere di cui essa è stata sinora privata dalle amministrazioni inefficienti e dalla penuria di mezzi. Di quì la proposta di costruire case per far scomparire l'obbrobrio delle baracche e dei bassi, strade atte a decongestionare la circolazione urbana, fognature; e di contribuire - ad integrazione delle provvidenze statali - alla soluzione del problema scolastico. Riguardo, poi, a un meccanismo autonomo di sviluppo, essi, quando si rendono conto della sua indispensabilità (é il caso, ad esempio, dei comunisti), sono propensi, però, ad affidare il compito di crearlo agli enti che tuttora sovraintendono alla politioa per il Mezzogiorno. L'alternativa « tutto per l'industria» - « tutto per i problemi immediati» non può logicamente esaurire da sola il dibattito intorno all'impiego della legge. Una schiera abbastanza nutrita di tecnici ed uomini politici - espressione di tutti i gruppi politici, salvo il comunista e il monarco-misino - ha infatti cercato di indicare soluzioni di compromesso tra l'una e l'altra tesi estrema, suggerendo di provvedere ad alcune opere infrastrutturali e nel contempo a soddisfare le più impellenti esigenze della popolazione, come le case e la viabilità interna. Questa posizione intermeda sarebbe senz'altro meritevole di consenso, se non portasse con sè il pericolo d'uno sciupio dei pochi fondi disponibili in molteplici iniziative, nessuna delle quali di per sé idonea a risolvere completamente i problemi della città. Di voci circa il modo di spendere i cento miliardi e circa la politica economica da impostare a Napoli se ne sono sentite però numerose 1aJtre, e, a volerne soffocare alcune, si priverebbe senza dubbio il lettore dei pochi spunti ameni offerti dall'argomento trattato che ameno certamente non è. Abbiamo letto, ad esempio, di una tendenza « africanista » secondo la quale Napoli - coi fondi della legge speciale - dovrebbe venir proiettata nel Mediterraneo per una vasta politica di relazioni con l'Africa, e divenire una « fiera permanente » e un « centro di formazione dei dirigenti europei che intendano operare nel Continente Nero», sì da riacquistare il suo rango di « capitale del Mezzogiorno ». Tesi, questa, che non sappiamo se ci lasci più stupìti per la nostalgica coerenza ai miti di « faccetta neva » e dei « bei tempi borbonici», o per la soddisfatta ignoranza delle reali esigenze di Napoli e della sua funzione di metropoli regionale, l'unica - come ben hanno dimostrato geografi ed economisti - che oggi realmente le si addice. Un criterio quasi altrettanto singolare per utilizzare la legge speciale ci sembra poi quello dell'eminente parlamentare che ha sostenuto doversi procedere alla «bonifica» del quartiere dei Vergini ed alla contemporanea costruzione, in luogo delle vecchie case che vi sorgono, di svettanti grattacieli. Colpevolmente ignari delle concezioni urbanistiche che ispirano questa scelta, siamo indotti a ricorrere ad una spiegazione metafisica, confortata peraltro del fervore spirituale dell'uomo politico in questione cui si attribuisce peraltro la suggestiva definizione del grattacielo come « un mezzo per sentirci più vicini a Dio », e dal nome stesso del rione da bonificare, evocatore di encomiabili continenze. 41 Biblio ·ecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==