• 1Vote della Redazione economica nazionale, postula trasferimenti e controlli del potere di scelta economica, postula una volontà di democratizzazione aperta all'accettazione di una collaborazione organica e permanente tra gli organi dello stato e le organizzazioni sindacali tanto della parte padronale quanto della parte proletaria. Nessuno di questi punti è accettabile dai nostri conservatori, che non desiderano innovazioni sul terreno economico (non c'è il « miracolo »?), che il loro potere vogliono niantenerlo nella forma in cui finora l'hanno tenuto e che nel passato accettarono il corporativismo fascista, ma sono oggi ben lontani dall'idea di accettare le esigenze e i metodi della programmazione democratica. Ed è delle richieste della parte conservatrice che il PLI, auspice Malagodi, è oggi diventato il maggiore e più autorevole supporter. È vano lo sforzo di giocare con la suggestione liberistica, con il mito dell'efficienza e della modernità, con il richiamo ai « miracoli », nostrani o esteri, quando la realtà è quella della difesa pervicace - prima ancora che degli interessi - della posizione sociale e del potere di scelta e di direzione di alcuni dei più importanti settori nazionali per conto di ceti e di organizzazioni assai bene individuabili ed individuati. Dopo di che ci sembra per lo meno discutibile la tesi di coloro che nella definitiva caratterizzazione malagodiana del PLI vedono realizzata la condizione per cui il PLI sarebbe finalmente in grado di dare un preciso e chiaro contributo all'articolazione democratica della vita politica italiana, rappresentandone l'ala di centro-destra. È vero che il PLI resistette alla tentazione tambroniana due anni or sono, ed è vero anche che oggi esso rilutta alla formazione della cosiddetta « grande destra ». È questo il frutto - l'unico frutto, per essere precisi _:_ maturato dalla mediazione politica malagodiana verso i centri di potere, i circoli e i ceti che da sei anni a questa parte hanno manomesso il partito liberale in funzione dei loro interessi. Ma non ci sentiremmo in nessun modo di affermare che la mediazione malagodiana rappresenti la cattura definitiva di quei centri di potere, di quei circoli e di quei ceti su posizioni di assoluto lealismo democratico. Il giorno in cui il consolidamento della politica di centro-sinis tra fosse diventato esso il fatto definitivo e caratterizzante della vita politica nazionale o il giorno in cui in un 1nodo qualsiasi una svolta autoritaria diventasse di attualità anche in Italia c'è da fare la facile profezia che il PLI di Malagodi perderebbe la sua attuale coesione e il rifiusso dei gruppi che ne fanno parte verso altri e (dal punto di vista democratico) meno ameni lidi sarebbe incontenibile. Quale interesse e quale forza di convinzione può avere agli occhi di quei gruppi la metafisica visione malagodiana di un PLI paladino di una lunghissima, pluridecennale e tetragona opposizione alla inevitabile parentesi di follia del centrosinistra ora apertasi, ed erede, al chiudersi della parentesi per naturale esaurimento dei suoi protagonisti, di tutto o quasi tutto il governo del paese? È chiaro che l'accettazione di una siffatta prospettiva da parte dei gruppi che fanno oggi parte del PLI è puramente funzionale, è condizionata all'opposta convinzione che, nonostante tutto, il fallimento del centrosinistra sara il fatto di un futuro più vicino, che solo in tal modo si offre alla destra democristiana l'indi30 Bibliotecaginobianco
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