•• Vittorio de Caprariis che nel continente comunista non esistono. Ma essi sanno anche (e lo sanno perché cominciano a farne esperienza in proprio) che il sistemc;i .americano l1a dei difetti: il calabrone non potrebbe volare eppure vola, diceva il Galbraith di The American Capitalism; il calabrone continua a volare, ma le sue ali sono ammalate e bisogna curarle al più presto, ha scritto il Galbraith di The Affluent Society. Abbiamo imparato, cioè, che non si possono affro·ntare il presente e l'avvenire con la « regola del nonno », non si possono affrontare i problemi di una società opulenta, o che tende ad essere tale, come se ci si trovasse in una società misera. Ma i difetti del sistema sono agevolmente riparabili senza una trasformazione radicale del sistema stesso: e il compito storico della democrazia americana, ossia della società che ha raggiunto il più alto grado di opulenza, é appunto di provare ciò, di provare che un'economia ricca, la quale rischia di diventare un'economia di spreco, può essere corretta poiché nelle società democratiche vi sono le forze politiche capaci di farlo; di dimostrare, insomma, che il nostro sistema non é soltanto più umano dell'altro, ma é anche capace di diventare ancora più umano, e di tagliare alle radici quella crisi di fiducia in se stesso che costituisce, oggi, la vera debolezza del mondo occidentale. Se l'Amninistrazione democratica avesse imboccato la strada che s'è detta non solo avrebbe operato per un compito che era all'altezza delle energie morali che aveva suscitato negli Stati Uniti, ma avrebbe anche mostrato che gli Stati Uniti medesimi, come già ai tempi di Roosevelt, erano il più grande laboratorio di esperimenti democratici per sè e per tutti gli uomini. Ma Galbraitl1 è stato nominato ambasciatore in India ... Quest'ultima considerazione ci porta a parlare della politica estera di Kennedy. Anche qui le realizzazioni dell'Amministrazione paiono inferiori alle aspettative, e probabilmente sono inferiori a ciò che l' équipe stessa di Ke11nedy pensava di poter realizzare. Dopo l'incontro a Vienna con Krusciov e con De Gaulle a Parigi, e dunque nel giugno dell'anno scorso, Max Ascoli poteva scrivere nel Reporter: « John Fitzgerald Kennedy sta ancora facendo la sua campagna, sta ancora cercando di guadagnarsi la fiducia dei nostri alleati ed il rispetto dell'avversario comunista. Dopo aver incontrato i governanti dei più grandi paesi del mondo e dopo essersi fatto conoscere da loro, egli tornerà a Washington e darà la misura di se stesso ». L'osservazione era acutissima e, se non prendo un grande abbaglio, ricca di sottintesi; e gli avyenimenti successivi fino ad ieri paiono averla confermata. In realtà, molte delle illusioni che Kennedy ed ,i suoi amici- nutrivano sulle possibilità di azione in politica estera sono cadute: i democratici, una 12 Bibliotecaginobianco
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