Vittorio de Caprariis E tuttavia non vi é dt1bbio che nella lunga preparazione della sua campagna presidenziale e poi ancora durante tutta la campagna, e finalmente· nel messaggio inaugurale, Ken11edy non aveva fatto altro che spronare i suoi concittadini, chiamarli al senso delle grandiose responsabilità e dei formidabili problemi della congiuntura storica, esortarli a levarsi tutti in piedi, per incamminarsi verso la nt1ova frontiera. Per un secolo gli americani avevano marciato verso la « frontiere », ed avevano, a questo modo, colonizzato un immenso continente; poi erano stati chia1nati a vincere altre formidabili battaglie, a superare altre formidabili barriere, e avevano risposto all'appello. Adesso, dopo che per otto anni erano parsi corrivi ad adagiarsi in una felice sonnolenza, veniva un altro leader ad indicare loro, con la veemenza appassionata dei suoi quarant'anni, la nuova frontiera da superare. Non so se questo sia suscitare « grandi speranze » ed « alte illusioni »; ma é certo un modo di mobilitare un paese sano, e quindi pronto a reagire, é un modo di attirare a sè un patrimonio formidabile di energie morali, ed é insieme un impegno ad utilizzarlo per le grandi battaglie che si hanno in vista. Ebbene, cosa è accaduto dopo? Non diremo che dopo v'è stata la lamentevole « affaire » di Cuba: abbiamo troppo rispetto per l'analisi critica degli avvenimenti politici per compiacerci di queste contrapposizioni facili e fuorvianti e per unirci alla stolid~a speculazione che si è voluta improvvisare su qull'avve11imento. Ma sembra che si possa dire che ciò che è avvenuto dopo l'ascesa al potere di l(en11edy e dell' équipe democratica non è stato certo all'altezza delle energie morali che lo stesso Kennedy ed i suoi amici avevano voluto n1obilitare. E qui vien fatto spontaneo di osservare che non si gioca invano al rialzo delle passioni morali e politiche dei popoli, poiché operazioni di questo genere possono ancl1e servire a vincere un'elezione, ma rischiano di provocare frustrazioni profonde dell'anima popolare e stanchezze mortali e crolli improvvisi: quei socialisti massimalisti italiani che, tra il 1918 ed il 1920, agitarono i miti che tutti sanno e mostrarono alla classe operaia la vittoria finale come or_mai imminente e matura, questione di settimane o di 1nesi, l'hanno imparato a loro ed a nostre spese. Si consideri, ad esempio, la politica interna. Non si può certo dire che l'amministrazione democratica non abbia fatto assolutamente nulla (si pensi, ad esempio, agli aiuti alle scuole primarie, alle misure d'emergenza, pienamente riuscite, per contenere la recessione, ai progetti elaborati lungo il '61 ed adesso in discussione al Congresso sulle riforme fiscali). Né si può dire che sia pienamente accettabile, per le sue punte critiche francamente eccessive, il giudizio di Ul)O dei maggiori leaders sindacali americani, Walter Reuther: «per impressionanti che possano essere in 10 Bibliotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==