Nord e Sud - anno IX - n. 28 - aprile 1962

Recensioni responsabile del caos imperante nell'Italia del dopoguerra. Salvemini vuol mostrare la vera natura di questo avventuriero senza scrupoli, senza cultura e senza obbiettivi precisi che non fossero quelli di conquistare sempre più forti posizioni di influenza e di potere. Era stato anche Mussolini, dimostra Salvemini (e nel secondo libro l'indagine sarà rivolta anche al Mussolini, socialista rivoluzionario e interventista, degli anni precedenti la prima guerra mondiale: con un metodo e un intento che ricordano quelli di un altro storico del fascismo, Guido Dorso), soprattutto Mussolini, con la sua « mescolanza caotica di propaganda rivoluzionaria e nazionalista», con la sua esaltazione della violenza, con il suo eccitamento all'agitazione, a provocare il disordine, i conflitti, l'inquietitudine. E vien fuori quindi l'immagine di un Mussolini « scamiciato », non a11cora in ghette e cappello duro quale i giornali inglesi del '27 lo mostravano, turbolento agitatore, antiborghese, anarchicheggian te. Salvemini vuol dimostrare anche che, se la « fatale crisi » rivoluzionaria non si ebbe, ciò non fu certo per merito di Mussolini, il quale anzi trovò successo, e il suo movimento espansione, quando la classe operaia era ormai preda ad uno scoraggiamento profondo e ad un senso di fallimento. La carica rivoluzionaria si era spenta (e Salvemini è propenso a mettere in dubbio che vi fosse mai stata) dopo l'insuccesso dello sciopero generale del 20-21 luglio 1919 e, soprattutto, all'indomani dell'occupazione delle fabbriche. Il fallimento politico di questa operazione rappresentò anzi il punto di svolta della storia di quei quattro anni: secondo Salvemini, si dovrebbe parlare di« nevrastenia del dopoguerra» per il periodo 1919-1920 e di« guerra civile» per il 1921-22. Gli scioperi, le agitazioni e i disordini irritarono insieme e impaurirono i piccoli e i grossi borghesi, che nei due anni seguenti avrebbero dato sfogo al loro odio e rabbia repressi. Una feroce reazione fu conseguenza della rivoluzione fallita. I dirigenti riformisti avevano rifiutato infatti di spostarsi sul terreno della illegalità e della forza, mentre i massimalisti, che pur amavano riempirsi la bocca di grosse frasi, restarono inerti in attesa dello scoppio spontaneo della sollevazione proletaria, fideisticamente convinti dell'immancabile automaticità dell'evento. Tutti questi temi furono poi ripresi e posti in un quadro più propriamente storico nelle Lezione di Harvard, mentre la parte più notevole e importante del primo libro consiste nella documentazione della situazione economico-sociale del dopoguerra e delle violenze fasciste. Vi sono infatti numerose tabelle statistiche relative allo sviluppo indt: ·striale, all'entità dei depositi bancari, al numero delle società per azioni e all'ammontare del loro capitale, al numero degli scioperi e al livello delle paghe: il tutto per mostrare come l'Italia non fosse quel paese in rovina che i fascisti andavano descrivendo agli stranieri per atteggiarsi a restauratori dell'ordine. Impressionanti, infine, sono le cifre e i resoconti, pazientemente e minuziosamente ricercati e sistemati, che testimoniano intorno alla drammaticità della guerra civile, o meglio intorno alla efferatezza dell'azione 97 Bibliotecaginobianco

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