Nord e Sud - anno IX - n. 28 - aprile 1962

• Augusto Graziani mercio internazionale, nella teoria dei cicli economici e in quella della distribuzione, è sempre l'aspetto del prezzo che compare in prima linea. È vero che la teoria del valore, sia di equilibrio generale che parziale, ha sempre precisato che l'equilibrio determina insieme sia il prezzo che la ·quantità scambiata; ma è anche vero che era sempre il prezzo protagonista della vicenda, e l'aspetto quantità veniva spesso lasciato nel retroscena. Nella teoria keynesiana, e in tutta la macroeconomica che da essa trae origine, è vero il contrario; i prezzi scompaiono dietro le quinte, e appare alla ribalta il livello del reddito nazionale. Il contributo essenziale di Keynes, quello che del suo pensiero rimane acquisito alla nostra cultura, è appunto la teoria della determinazione del reddito nazionale nel periodo breve. Qui per la prima volta il problema delle fluttuazioni è impostato decisamente, non più come fenomeno di oscillazioni nel livello dei prezzi (come accadeva nelle analisi di Wicksell o di Pigou), ma come problema di instabilità nel livello del reddito. La Teoria Generale è ben più che 11na teoria dell'occupazione o della disoccupazione; essa segna il trapasso dall'analisi dei prezzi e dei valori all'analisi della quantità e delle strutture. Ci imbattiamo così in quella che a nostro modo di vedere è forse la innovazione principale che gli economisti del nostro secolo abbiano apportato alla visione del meccanismo economico. Se volessimo sintetizzare questa evoluzione in una parola, potren1mo dire che gli economisti hanno smesso di considerare il sistema economico come un meccanismo automatico, retto da leggi elementari, e lo considerano invece creazione autonoma e imprevedibile dello spirito umano. Come tutte le innovazioni, anche questa affonda le sue radici nel passato; anche il più ortodosso cultore della teoria walrasiana non avrà difficoltà a dire che l'assetto del sistema economico dipende in primo luogo dalle condizioni della domanda, che è appunto espressione dei gusti e delle decisioni della collettività. Anzi è stata proprio la teoria classica a porre in risalto la sovranità del consumatore come determinante ultima nel mondo dell'economia. Ma il punto è che il· modo di attuazione di tale sovranità era concepito come essenzialmente meccanicistico, in quanto tutto era riportato all'opera di una sola forza, connaturata alla psicologia umana. L'elemento determinante non era tanto la volontà creatrice dell'uomo, quanto il· famoso « principio economico», molla potente insita nella natura umana, che metteva in azione il meccanismo del mercato. Questa visione è ormai in via. di progressivo abbandono. Il primo colpo alla concezione tradizionale fu dato dall'abbandono dell'etica utilitaristica e dall'adozione della definizione paretiana di « ottimo economico ». Sfuggiva così la possibilità di definire una distribuzione ottima dei redditi; si rendeva necessaria una scelta responsabile da parte degli uomini di governo, e, quel che più conta, si negava l'esistenza di qualsiasi criterio obiettivo su cui basare tale scelta. Né era possibile sft-1ggire alla responsabilità affidandosi alla distribuzione effettuata dal libero gioco del mercato; anche questo infatti avrebbe rappresentato una scelta e una conseguente responsabilità. Sorgeva così con Pareto l'idea che, almeno nel campo della distribuzione, l'uomo 92 I Bibliotecaginobianco I

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