Nord e Sud - anno IX - n. 28 - aprile 1962

Argomenti diverse dalle nostre. Parlare di loro in termini svalutativi e tutti compresi della nostra superiorità è funzione del nostro etnocentrismo; cioè della tendenza a giudicare le altre culture secondo tipi di giudizio propri della nostra: manteniamo così la distanza sociale e non ci procuriamo frustrazioni. Eppure, se vogliamo « giocare » con i meridionali, è necessario imparare le regole del loro « gioco »; per accettarle o respingerle o elaborarne delle nuove o per convincerli alle nostre. La situazione dei giocatori offre un modello di maggior chiarezza a illustrazione dei rapporti tra gruppi guidati da regole morali diverse. Le regole del gioco, infatti, hanno un iniziale elemento di convenzione ed è possibile alterarle col consenso di tutti i giocatori; egualmente le regole morali si fondano sul mutuo consenso degli individui e solo la loro concorde volontà può renderle obbliganti. Soltanto che gli individui non riconoscono la convenzionalità delle regole morali (la possibilità di mutarle consensualmente), in quanto le accettano acriticamente e presuppongono che siano le uniche vere, superiori a tutte le altre. I giocatori invece non pensano mai che il loro gioco sia vero e falso quello .degli altri, rié che sia il più importante dei giochi giocati. Pensare che un codice morale sia l'unico vero, è come affermare che solo le regole del wihst sono vere: un codice morale non è né vero né falso, ma convenzionale, si regge sul consenso dei componenti un gruppo determinato, fin quando questi lo considerano funzionale. Dire ad esempio che al Sud si ha un « falso senso dell'onore » non significa che il nostro sia vero, ma solo che lo scegliamo e preferiamo. Quel falso senso dell'onore, in una struttura sociale di particolare configurazione, nel patrimonio culturale ereditato da quelle genti, ha una sua precisa funzione di controllo sociale. I meridionali che partecipano ai costumi della propria cultura, anche se noi li troviamo assurdi, non sono condannabili se, educati a tali costumi, li considerano il modo migliore di vivere la propria esistenza. Se è vero che certi costumi sono un residuo « medievale », non è di poco conto che « i medievali » lo ignorino, a meno che non abbiano come il Re Artù di Twain chiara e precoce coscienza della periodizzazione dei Biondo e dei Ghiberti. Quello che è importante, in ogni caso, è non identificare la cultura meridionale con la natura del meridionale. « L'anima meridionale » non esiste come entità metastoi;-ica, la psicologia non è la costante della storia, ma essa stessa dato variabile, se è variata nel tempo. Così la Passione, invocata dagli « insigni penalisti » a giustificazione degli uxoricidi meridionali, non è nulla di trascendente e di inamovibile, non è un contenuto dell'anima, è un'attitudine, culturalmente determinata, ad agire in un dato modo. Ma i « samurai della parola » si condannarono 83 Bibliotecaginobianco •

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