Francesco Con1pagna di Salvadori, non è meglio armato dell' « empirismo » democratico del secondo Salvemini. A Dorso si potrebbe appunto rimproverare, afferma Salvadori, di essersi « attaccato » al Salvemini dell'« Unità », a differenza di Gramsci, che « si rinsaldò piuttosto sul Salvemini critico d~l . riformismo e, insieme, propagandista dell'alleanza fra il proletariato del Nord e quello del Sud, al Salvemini socialista ». Ma arrivano i comunisti e finalmente le cose vanno tutte al loro posto: Gramsci non è un profeta disarmato; la sua medicina non può fallire come quella dei meridionalisti liberali, che non erano medicine efficaci, e come quelle dei meridionalisti socialisti, che non erano n1edicine sufficienti, nel senso che non implicavano nella giusta dose il ricorso a tutte le formule classiste che Gramsci ha poi saputo inventare e combinare; l'avvenire, « un avvenire di lotta », si schiude oramai, rischiarato dalle luci cl1e Gramsci ha acceso. Questo è lo schema dello studio di Salvadori sui meridionalisti come « profeti disarmati », prigionieri di un mito liberale, il « mito del buongoverno »: come si vede, esso non reca gran che di nuovo rispetto a ciò che altri comunisti hanno detto e scritto intorno a questi argomenti, parecchi anni or so110. Si tratta, più che altro, di una serie di medaglioni giustapposti, più lt1ngo quello dedicato a Salvemini, più sommari gli altri, tanto che si potrebbe pensare a una tesi di laurea sul meridionalismo di Salvemini, dilatatast in un secondo tempo, grazie a pazienti letture e alla sapiente utilizzazione di scl1ede precedentemente con1pilate; 011de gli altri medaglioni. Lo stesso schema di Salvadori lo si ritrova ora nell'antologia di Villari, le cui note di presentazione e brani di collegamento ricalcano, sia pure con qualche attenuazione e variazione, i medaglioni di Salvadori, nel quadro di un giudizio radicalmente negativo sul liberalismo italiano. Mentre, infatti, Salvadori afferma che « il liberalismo fu trasformismo », destinato a diventare fascismo, Villari, dal canto suo, nella « premessa », formula il giudizio che la questione meridionale « era insolubile nell'ambito della costruzione liberale dello Stato »: affermazioni ad effetto, ·senza dubbio, l'una e l'altra, ma anche assai semplicistiche sul piano storico. D'altra parte, Villari prende le mosse da una tesi affiorata recentemente, per cui si è parlato di « un efficace sfruttamento finanziario ed economico del Mezzogiorno e delle Isole a vantaggio della trasformazione industriale del Nord »; ma, sostiene Villari, « il problema non è più soltanto di sapere in che misura il Mezzogiorno ha contribuito, in modo subalterno e sussidiario, alla industrializzazione, ma di approfondire le ragioni storiche di questo ' sacrificio', le condizioni struttu26 Bibliotecaginobianco
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