, Epigoni del 1neridionalismo co,nunista listi, contrapposta sia. alla delirante megalomania dei nazionalisti sia all'impotente rivoluzionarismo verbale dei socialisti massimalisti; contrapposta, dopotutto, anche alla presunta concretezza dei giolittiani, perché i meridionalisti avevano visto a distanza là dove i giolittiani non avevano - o non avevano potuto - vedere al di là delle più immediate e contingenti scadenze politiche. In pari tempo, però, ad opera degli studiosi comunisti della questione meridionale, si è pure detto .e scritto, o lasciato intendere, che dopotutto i meridionalisti del1'800 erano « profeti disarmati », perché 110n hanno saputo impostare il « problema delle forze» con cui attuare, o imporre, la politica che essi . auspicavano. « Voci di realismo politico», dunque, o « profeti disarmati»? La risposta non sembra dubbia né a Salvadori né a Villari. Per Salvadori, infatti, il meridionalismo è « borghese » e « conservatore » fino a Nitti, e si esaurisce in una più o meno sterile esortazione mo.ralistica al « buongoverno »; solo Colajanni tenta di uscire da questi angusti limiti, ma non può riuscirvi, perché « nutrito di positivismo e alieno dalla dialettica della lotta di classe » e perché, pur muovendo da « quel tipo di 'cultura impegnata' che Carlo Cattaneo ebbe il merito di introdurre in Italia », non riesce ad approdare al socialismo; alle cui sponde approda invece Ettore Ciccotti, che avrebbe acquistato il merito di « ~ver rappresentato il superamento ideologico della tematica del meridionalismo conservatore ». Quanto a Nitti, nell'ambito di questo schema, Salvadori gli assegna la parte di avere rappresentato « come la morte onorevole del paternalismo nella tematica meridionalista», prima che con Ciccotti e Salvemini avesse inizio la svolta socialista, per cui i profeti del meridionalismo, se non furono addirittura bene armati, furono meno disarmati degli uomini che si radunavano intorno alla « Rassegna » di Franchetti e Sonnino per condurre la loro moralistica polemica sul « buongoverno >> prescindendo da ogni consapevolezza della « dialettica della lotta di classe ». Di Salvemini, anzi, sembra che, in base allo schema di Salvadori, si possa dire che egli ha varcato i limiti del meridionalismo tradizionale fino a quando è stato militante socialista, alla sinistra dei riformisti; ma sarebbe poi in qualche modo rientrato in quei limiti quando, dopo aver denunciato la « deviazione oligarchica » del Partito socialista, « iniziò una nuova strada in compagnia dei piccoli gruppi che si raccolsero intorno all'Unità» e divenne « profeta veramente disarmato », facendo « un grosso passo indietro dal punto di vista del proble:,;na di riuscire a mobilitare la falange proletaria del Mezzogiorno ». Di questo « passo indietro » di Salvemini non tenne poi conto Guido Dorso, il cui meridionalismo radicale, a giudizio 25 Bibliotecaginobianco • f
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