Nord e Sud - anno IX - n. 28 - aprile 1962

Le Regioni Non si vede, d'altra parte, perché l'Italia non dovrebbe preoccuparsi di problemi di natura tattica e strategica a breve e a lunga scadenza e perché il suo Stato Maggiore non dovrebbe lavorare su tutte le possibili ipotesi. Ora, sembra evidente che l'esistenza di Regioni a determinato colore politico (di minoranza nella nazione) possa correttamente, e senza scandalo per nessuno, essere presa in considerazione come uno degli elementi che possono, in certe determinate ipotesi, caratterizzare la situazione strategica. Sarebbe strano se fosse il contrario. · Il problema è, comunque, di ordine tecnico-militare, e i tecnici militari debbono risolverlo. Certo esso tenderà sempre a presentarsi come un'incognita e, in definitiva, come un ricatto per la democrazia, finché la nostra organizzazione militare non si sarà messa al passo coi tempi. In altre parole: i generali continueranno ad esercitare le loro pressioni in sede politica e di formazione dell'opinione pubblica, chiedendo in definitiva che si soprassieda alla formazione delle Regioni, fino a che essi non sapranno con quali molle rigirare questi nuovi elementi della situazione politico-strategica, finché, cioè, non disporranno degli strumenti tecnici capaci di risolvere i problemi dei cosidetti « fronti interni ». In altre parole, è la strutturazio11e difensiva tecnico-militare (comandi di «fronte», dislocazione, ecc.) che deve adeguarsi alla struttura della nazione e non questa a quella. Seguono, a questo punto, le obiezioni « di esperienza ». Si riassumono in una conclusione di carattere generale: la Regione, là dove è stata creata e funziona, non ha risolto i problemi specifici per la cui risoluzione era stata creata. Essa in particolare non ha snellito i rapporti tra lo Stato e il cittadino, non ha contribuito al miglioramento dell'ordinamento amministrativo dello Stato, non ha eliminato i diaframmi burocratici e non ha garantito l'amministrato contro la corruzione. Al contrario, ha creato altri diaframmi, altre strozzature amministrative e nuove centrali di corruzione. Sembra evidente che questa conclusione ge11erale non sia basata su tutta l'esperienza disponibile, ma soltanto su una parte di essa. Ci si riferisce, ovviamente, unicamente all'esperienza siciliana e, anzi, soltanto alla parte negativa di essa. Bisogna dire due cose. Che quanto accade in Sicilia, dai vistosi fenomeni di corruzione e di sottogoverno fino al folklore assembleare e alla mafia, non ci può condurre a un giudizio sull'istituzione in sé. « Esista o non esista la Regione in Sicilia - ha scritto Ugo La Malfa - certi fenomeni degenerativi della vita associata saranno caratteristici di alcune disgraziate zone di quest'isola; e non si può trarre, pertanto_, da una condizione particolare una conclusione di ordine generale ». 11 Bibliotecaginobianco

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