Nord e Sud - anno IX - n. 28 - aprile 1962

• Piero Craveri legio di difesa al fascismo, ma di voler pe_nsare come storia queste più prossime vicende, se veramente si vuol dare un senso al superamento dell'equivoco che sostiene « l'irr1possibilità di fare storia obiettiva di fatti tanto recenti». È proprio una insufficiente coesione e un mancato approfondimento critico che bisogna lamentare in questa raccolta di lezioni, ed è anche opportuno aggiungere che gli « squilibri » non sono causati tanto dalla partecipazione di « storici marxisti » (e da questo punto di vista concordiamo con Antonicelli), ma· si avvertono soprattutto nei contributi dei « no-n marxisti » a cui sembra mancare una interpretazione coerente ed organica del fascismo e di tutta la recente storia del nostro paese. Onde a dare l'impronta a questo corso sono proprio le lezioni e le testimonianze dei marxisti che ne costituiscono l'intelaiatura storiografica entro cui si inseriscono gli altri contributi che in una pretesa necessaria continuità di svolgimento narrativo sembrano accettarne l'impostazione e le conclusioni. Non pare, ad esempio, che sia possibile accettare le conclusioni a cui arriva Alatri nelle sue due lezioni a proposito delle origini del fascismo e delle responsabilità dei liberali e dei democratici che permisero il suo insediarsi al potere. Che se oggi il discorso sui limiti della vecchia classe dirigente liberale e gli errori di valutazione politica da essa compiuti non è da mettere in discussione, certan1ente ciò non spiega interamente la ragione del crollo delle istituzioni liberali e democratiche se non é visto in un quadro più ampio che abbracci le insufficenze politiche e le chiusure ideologiche dei popolari e dei socialisti, non preparati a sostituire la classe dirigente liberale e a condurre avanti il paese in una prospettiva di sviluppo democratico. La crisi interna del socialismo italiano, che cadde proprio in quegli anni, impedì questo sviluppo nella mancata risoluzione ad una conquista rivoluzionaria del potere o ad una collaborazione con le forze « borghesi ». In questo quadro quale significato viene ad assumere l'affermazione di Alatri a proposito delle elezioni del 1924 che « i comunisti proposero la formazione di un fronte unico proletario con gli altri partiti della classe operaia, socialisti unitari e socialisti massimalisti, ma gli unitari respinsero la proposta, dimostrando di subire anch'essi il ricatto fascista della lotta contro l'anarchia e il bolscevismo»; oltretutto quando, nella lezione successiva, Lelio Basso constata come « il furore polemico reciproco non si era a:pcora calmato se, poche settimane prima di morire, Matteotti, quale segretario del partito socialista unitario, respingeva risolutamente qualsiasi idea di collaborazione con i comunisti », ed aggiunge, quasi a giustificazione di ciò, un'affermazione di Togliatti che è soltanto « nel corso della profonda crisi del fascismo, causata dall'uccisione di Giacomo Matteotti, che il partito comunista, abbandonando l'estremisn10 infantile e settario, riesce a svolgere un'azione autono1na »? (Cogliamo l'occasione per rettificare una inesatta affermazione contenuta nella testimonianza di Vittorio Enzo Alfieri a proposito della medaglietta di senatore restituita da Benedetto Croce quando il Senato la richiedette come « oro 106 Bibliotecaginobianco

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