Recensioni simili altri provvedimenti, a convincerci di ciò, perché non vi è dubbio cl1e é la struttura stessa della nostra. scuola a rendere impossibile un esame formativo di questi temi, salvo qualche rara eccezione affidata ad iniziative e capacità individuali di singoli professori. Resta il fatto che di fronte ad avvenimenti storici così intimamente legati alla formazione dei nostri istituti costituzionali ed a ogni vicenda della nostra vita civile e politica, la nostra scuola, e con essa altre fon~ damentali istituzioni statuali, rimangono inerti e rifiutano di recepirne cri~icamente il contenuto. Nasce così il problema di ovviare a queste insufficienze ad opera privata di associazioni culturali e di movimenti politici che avvertono quanto gravi diventino, nella formazione delle nuove generazioni, la mancata conoscenza ed approfondimento di temi costitutivi della nostra presente vita democratica. Quando ci si pongono compiti illustrativi e didascalici, il problema della formula dovrebbe essere semplicemente quello di rendere con chiarezza un discorso storiografico che ha già avuto modo altrimenti di svilupparsi e di trovare la sua coesione e la sua coerenza. Non sembra, però, essere stata questa la via seguita dai promotori delle « lezioni» torinesi. I problemi più strettamente storiografici sembrano essere rimasti accantonati nel fondo, donde il problema « dell'obiettività» che si vuol veder realizzata in una coralità di adesioni politiche, la più larga possibile. La partecipazione di « storici marxisti », ad esempio, viene così ad avere un significato che non é quello d'un dibattito storiografico aperto, in cui si confrontano opinioni diverse, ma quello d'una formula politica. Bisogna chiedersi quale sia in questo senso il valore di iniziative come questa torinese, se realmente svolgano la funzione a cui . sono chia:rp.ate. A me pare che il loro vero significato dovrebbe consistere nel richiamo alla vigilanza delle libertà costituzionali come compito costante dei democratici dinnanzi a quelle involuzioni autoritarie in cui sembra oggi essere coinvolto l'Occidente europeo; non a caso questo ciclo di lezioni cadeva proprio in quella primavera del 1960 in cui si ebbe lo sforzo eversivo dell'on. Tambroni. E certo questo senso di vigilanza nella rievocazione dell'opposizione al fascismo trova modo di confermarsi e di cementarsi. Ma non vi é dubbio d'altra parte che questa formula evocativa, con tutta la sua esemplarità, sia una formula di emergenza che deve trovare un corso diverso, il quale sbocchi in un maggior approfondimento critico volto a spiegare più intrinsecamente il presente, al di là di una mera sovrapposizione di • • • 1mmagin1. Non mi pare vi sia tanto da discutere il profilo « dell'obiettività» di queste lezioni su cui si sofferma nella sua introduzione al volume Franco Antonicelli; quel che va messo in rilievo è che questa « obiettività» non ha nulla a che fare con quel~a propria della ricerca storica, ma semmai ha valore di documento. Antonicelli non si sarebbe altrimenti certo preoccupato di spiegare perché il fascismo « pareva trascinato davanti ad u11 tribunale senza collegio di difesa ». Certo non si tratta di trovare un col105 Bibliotecaginobianco
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