Nord e Sud - anno IX - n. 26 - febbraio 1962

Recensioni nessa invece in certa misura al fatto che molti dei ricchi lo sono soltanto da poco tempo. In una società che progredisce, nella quale sono facili e frequenti i ricambi fra classi sociali, questo elemento presenta un peso non indifferente. Ne consegue inevitabilmente che, se si sottrae reddito al ricco per donarlo al povero, il ricco impoverito sarà portato a contrarre i propri risparmi, ma il povero arricchito esiterà ad assumere di colpo il tenore di vita cui potrebbe accedere. Non si può allora dire a priori se il risparmio globale risulterà diminuito (come vorrebbe la teoria tradizionale), o se rimarrà invariato. Il futuro entra anch'esso nelle decisioni dei risparmiatori, in quanto le decisioni vengono prese tenendo conto non del reddito goduto nel momento attuale, ma di tutte le prospettive di guadagno che si aprono nel futuro. Ricerche statistiche, condotte in base a questa ipotesi del reddito permanente dal Friedman e dal Modigliani, inducono a ritenere che la maggior tendenza al risparmio propria delle classi più elevate di reddito non dipenda dal livello assoluto del reddito stesso, ma da altre circostanze, la cui 11atura specifica non è ancora esattamente individuata, ma che non sarebbero necessariamente alterate da una redistribuzione dei redditi. Rimane infine il terzo elemento che influisce sui risparmi: la posizione dell'individuo nella gerarchia della ricchezza sociale. Esiste una te11denza innata, che ripetute indagini empiriche hanno confermato sempre più decisamente, ad imitare le consuetudini di vita ed il livello dei consumi delle classi di reddito superiori. Questo fenomeno si ripete in una catena continua, di classe in classe, per cui « le propensioni al consumo di tutte le classi di reddito dipendono direttamente o indirettamente da quelle della classe superiore, la quale - sola - è determinata in modo autonomo ». Diagnosi, questa, già intravista dagli autori classici a partire da Stuart Mill. La conseguenza di questa interdipendenza di consuetudini è immediata: se si tassano le alte classi di reddito, ad esempio mediante una imposizione progressiva, l'élite ridotta ad un reddito più basso di prima, dopo un'eventuale fase di transizione, si assesterà su questo nuovo livello con una propensione al consumo eguale a quella che aveva prima (poiché determinata indipendentemente dal livello di reddito), e quindi inferiore a quella che avevano i precedenti redditieri di tale livello. Di riflesso diminuiranno le propensioni al consumo in tutti i gradini del reddito sottostanti (p. 131). La teoria tradizionale va dunque riformulata; non è vero che la concentrazione dei redditi produce risparmi elevati. Al contrario, il livellamento delle fortune, eliminando esempi vistosi di vita agiata, contribuisce a moderare la propensione al consumo di tutte le classi di reddito. Il preteso conflitto fra ideale ugualitario e veloce accumulazione, che tanti grattacapi ha procurato ai politici, nonché agli economisti sensibili alla giustizia sociale, poggia su fandamenta assai malsicure. Sembra piuttosto che i termini del conflitto vadano capovolti, per dire che l'ideale ugualitario si concilia sì con l'obiettivo di un alto volume di risparmio, ma se mai attenua gli incentivi allo sforzo produttivo; il progresso viene frenato, non per mancanza 95 Biblint8caginobianco

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