Ester Piancastelli ricordano il volume: Reddito nazionale e politica economica, nel quale venivano illustrati e applicati i concetti della moderna contabilità nazionale elaborati oltralpe e oltre oceano. Il nuovo libro di Fuà si muove su un terreno sostanzialmente affine, dal punto di vista teorico, in quanto, come il precedente, tratta problemi attinenti al reddito nazionale. Ma l'avere prescelto come tema specifico il risparmio, permette all'Autore di intercalare alla austera esposizione teorica una serie di succosissimi scorci sui problemi più vivi delle economie contemporanee. Il libro si divide in due parti, di cui la prima è più spiccatamente analitica, mentre la seconda offre maggiori spunti per considerazioni di politica economica. Ci intratterremo principalmente su quest'ultima parte, la più breve, ma anche la più importante per il lettore che non abbia interessi meramente tecnici. Il problema affrontato per primo è l'antico dilemma se la distribuzione egualitaria dei redditi personali favorisca il risparmio o lo comprima. La posizione tradizionale è nota: se il fisco toglie il reddito al ricco e lo distribuisce al povero, il consumo globale aumenterà, e viceversa. L'ideale di giustizia distributiva vorrebbe ridurre nei limiti del possibile le discrepanze fra redditi personali; ma, così facendo, sempre secondo l'opinione comune, si riduce anche la formazione di risparmio. Le esigenze sociali vengono così in conflitto con l'obiettivo di una rapida accumulazione e di un veloce sviluppo. Si tratta di una communis opinio, dai più accettata ad occhi chiusi; un caso tipico di quello che Galbraith chiamerebbe «sapere convenzionale ».Fuà, statistiche alla mano, non pena molto a svuotarlo di contenuto. È agevole seguirlo in questa dimostrazione. L'ammontare del risparmio non dipende esclusivamente dal livello assoluto del reddito; le più recenti indagini statistiche mostrano in modo sempre più esauriente come il risparmio sia strettamente collegato, anche al livello del reddito passato goduto dal consumatore, all'andamento previsto delle sue condizioni economiche, al posto che il consumatore occupa nella scala sociale dei redditi e delle ricchezze. Tutti questi elementi fanno ritenere che la connessione fra risparmio e reddito sia ben diversa da quella accettata per tradizione, in base a pure considerazioni aprioristiche. Vediamo perché. Il passato entra nelle decisioni del consumatore come tendenza a perpetuare le consuetudini di consumo e il tenore di vita del periodo precedente: il nuovo ricco tende a conservare nei primi tempi le abitudini di frugalità e di modestia contratte nei tempi di povertà (potrà fare eccezione il caso del « pescecane» che ha conquistato l'agiatezza in breve tempo; ma, nella normalità dei casi, non riveste grande importanza quantitativa). Similmente, il benestante decaduto si sforza di salvare il decoro dei te1npi migliori, a tutto detrimento del risparmio. Ora, per ovvie ragioni, pienamente confermate dall'indagine statistica, via via che si sale nella gerarchia dei redditi, cresce la percentuale di coloro che sono giunti a quella posizione partendo da classi di reddito inferiori, mentre diminuisce la percentuale di coloro che provengono da classi più elevate. La maggiore propensione al risparmio dei ricchi dipende quindi solo in parte dal fatto di essere ricchi, ed è con94 Bibliotecaginobianco ,..
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