Nord e Sud - anno IX - n. 26 - febbraio 1962

•• Antonio Palermo lasciò Trieste e non seppi più nulla di lei)» (p. 154); i compagni di scuola sono « i giovanotti », « le signorine », e così via. « Quasi in fondo alla classe, sedeva Bianca Sorani ». In tal guisa, a momenti tema wagneriano, s.'annunzia la deuteragonista del Segreto. In sua funzione il libro è nato, ci dichiara l'autore; in sua funzione, possiamo aggiungere, sembra ci siano stati sentimenti, esperienze, decisioni; la vita del nostro personaggio sinora, in una parola. E Bianca, infatti, con la sua silenziosa e lontana presenza, anzi, con « l'antica, dolce ansia della sua presenza » fa davvero precipitare alla superficie della coscienza tutti i contenuti latenti che l'avevano fino adesso condizionata. L'impaccio, la timidezza diventano, senz'altro, disamor della vita, a mala pena avvivato da violenti, quanto interiori, odii, sdegni contro il « giovanottismo » dei compagni di scuola, sostituito poi dalla ben più perniciosa « malavita universitaria». L'amore inconfessato e perciò sempre più terso, disumanato a tratti, diventa in tal modo, si direbbe, una petrarchesca voluptas dolendi accarezzata, vilipesa ma sempre più inseparabile compagna. Ma accanto, insieme, a questo intensamente lirico leit motiv, ripetiamo, la scuola. Non è solo lo sfondo, è la sua dimensione della vita. E anche quando l'avrà lasciata essa resterà per lui l'unica prospettiva, l'unico metro di giudizio. Gli accadrà di incontrare una sua parente, una professoressa, manco a dirlo, e noterà di lei: « buona, affettuosa, paziente. Si lamentava però della cattiveria della gente con la stessa convinzione con cui avrebbe affermato che le proposizioni finali sono delle secondarie strettamente dipendenti» (p. 377). Evidentemente, qui non si tratta più, o soltanto, di angustia di esperienze, di orizzonti da aula scolastica. Si tratta di un sottile, profondo legame con una realtà dalla quale non gli riesce, e non vuole, liberarsi. Questa scuola onnipresente è la scuola della riforma Gentile, al suo debutto. E con essa il protagonista del Segreto ha un rapporto fatto di livori smisurati, di ire fremebonde. Nella furente denuncia dei pomeriggi della domenica passati a mandare a mente « nomi e nomi, nient'altro che nomi», nell'offesa constatazione della filosofia studiata « con criteri che sarebbero stati buoni per le scienze naturali» - « come avevamo imparato che l'elefante ha due zanne e il bradipo tre dita soltanto, così apprendevamo ora che Anassagora ha le omeomerie ed Empedocle ha i quattro elementi» (p. 260) - egli ritrova tutta la freschezza dei ricordi della sua prima infanzia. E, non sembri una osservazione spregiativa, egli riesce ad essere dolorante, vivo cioè, per qualche « cinque più » immeritato solo forse come dinanzi all'antica, dolce ansia della presenza di Bianca. Vogliamo dire con questo, e non ci pare che sia stato notato, che il nome di Giovanni Gentile è uno di quelli che più frequentemente qui è dato incontrare. È una frequenza che aiuta a capire il Segreto, ad intenderlo nel suo autentico aspetto. Se Bianca, nel sogno finale che chiude il libro, potrà chiedere al suo inconfessato innamorato: « Ma che cosa vuole veramentè? », « Vuole essere te», le sarà detto; questa risposta vale anche per qualcosa di più. È stato poi così lontano dall'odiosamato Gentile il protagonista de il Segreto, allorché 86 l Bibliotecaginobianco

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