Nord e Sud - anno IX - n. 26 - febbraio 1962

• . RECENSIONI Il segreto Linuccia Saba, presentando ai lettori italiani, or sono alcuni mesi, Il segreto dell'Anonimo triestino (Einaudi, Torino, 1961), non esitava a impegnarsi in un giudizio al tutto inequivocabile: « un libro eccezionale in ogni senso». E non era solo una valutazione condizionata dall'affetto, che ella in una patetica prefazione non faceva per nulla vista di celare, per il misterioso autore, per la sua singolare esperienza di vita e di morte, di cui Il segreto era il frutto estremo e alfine ostensibile; era, si deduceva chiaramente, un assenso alla poesia di quel libro, fatto con entusiasmo, come un applauso. Rimasto peraltro senza echi, va aggiunto subito; giacché la maggior parte dei lettori qualificati, i critici insomma, o si sono poi mostrati notevolmente più tiepidi dell'appassionata scrittrice triestina o, addirittura, hanno ostentato, pollice verso, un diniego spesso neppure documentato. Evidentemente il fastidio per una supposta scim1niottatura del « caso Lampedusa » può essere stata una delle remore psicologiche non trascurabili. né è escluso che anche presso il pubblico abbia agito un sornione atteggiamento anti pubblicitario, giacché il piccolo caso letterario generato dalla pertinace curiosità di qualche giornalista sulla vera identità dell'anonimo non ha poi modificato gran che la situazione. Bisogna pur dirlo: rispetto a certe avvisaglie scorte al suo apparire, il pur notevole successo de Il segreto è stato una delusione. Ma solo per cagioni esterne, dunque? No, certamente, dal momento che una delle prime definizioni di esso da fornire è quella di libro difficile. Anzi Il segreto sembra il tipico libro atto a confondere e magari fastidire il lettore semplice, con il suo tono piano, dimesso, fin pedestre. Per pagine e pagine l'Anonimo triestino ci narra, apparentemente, la storia dell'educazione sentimentale del protagonista, questa e soltanto questa. Nell'ambito della tradizione letteraria triestina - da Slataper a Svevo, a Saba - vi ritroviamo l'acerba natura dei luoghi, l'aura da primordi del Novecento, la sua vena e pedagogica e moralistica da bambino precoce, i giuochi violenti dei suoi coetanei, il progressivo « svuotarsi » delle sue amicizie femminili, incapaci, tutte, di rendersi insostituibili, la sua coscienza testimone implacabilmente presente di tutti i suoi atti, fin dai primissimi della sua vita. Ma insieme, quasi una sorda e poi, via via, lucida consapevolezza della sua vocazione all'incomunicabilità, 110n già per autosufficienza, bensì per nolontà espressiva, per pudore. « Mi pareva che già le parole amorose macchiassero la purezza dell'amore, turbassero la limpidità del sentimento ». La crisi puberale sembra per un momento, con l'insorgere della sessualità, avere la forza di spingerlo violentemente verso gli altri - la 84 Bibliotecaginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==