' ,Argomenti pertanto espressione di una matura coscienza economica, ma prima ancora politica e civile, le proposizioni contenute nel « Rapporto » che condannano definitivamente la mezzadria, auspicando l'evoluzione del. mezzadro in affittuario o proprietario del podere che oggi coltiva; anche se alle affermazioni non corrispondono nelle proposte concrete - come si è visto - un pressante impegno e precise direttive e scadenze per le riforme strutturali. Comunque, bisogna rilevare che soltanto le organizzazioni degli agrari sostengono la bontà e l'economicità di tale forma di gestione, che perfino 11elle sue espressioni più avanzate, nei poderi della pianura emiliana, assicura all'unità lavorativa della fa- · miglia mezzadrile un reddito di circa 300.000 lire annue, cioè appena la metà di un impiego in altri settori. E fallaci sono anche le prospettive di una evoluzione spontanea se, come ha rilevato il prof. Barberis, soltanto in un caso su sei quei mezzadri sono pott1ti diventare, uscendo dalla categoria, proprietari di un podere. Eppure quegli agrari, arroccati su posizioni particolaristiche e conservatrici, riescono a tenere in iscacco l'intero fronte delle forze politiche, sindacali, tecniche, che sono per il rinnovamento; tanto è ·vero che, proprio in sede di relazione sul bilancio dell'Agricoltura, lo scorso mese di ottobre - dopo l'annuncio e la diffusione del « Rapporto » sulla Conferenza agricola - si è potuto tentare da fonti governative responsabili una rivalutazione dell'istituto mezzadrile. Gli stessi sindacati cattolici hanno reagito duramente a questo tentativo di eludere i suggerimenti della Conferenza e le condizioni precise accettate dal Governo per l'approvazione del Piano verde. La CISL, infatti, ha richiamato il Governo ad una sollecita attuazione delle indicazioni della Conferenza ed « alla necessità che vengano strutturati gli Enti di sviluppo e riformati alcuni. articoli del Codice civile relativi al contratto mezzadrile ». È evidente, infatti, che non si può neppure accettare una scala di priorità negli interventi legislativi, prima operando sulle strutture e poi, nel tempo, sui contratti agrari. I sindacati, e con essi la maggioranza delle forze e degli studiosi democratici, ritengono oggi che la riforma contrattuale deve essere una delle componenti della politica di sviluppo della proprietà contadina, insieme alle riforme di struttura. MARIO DI BARTOLOMEI 79 Bibliotecaginobianco
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