.. Mario Di Bartolomei agraria pianificata, si sarebbero evitate omissioni e contraddizioni anche rilevanti. Era infatti pressoché impossibile che il Comitato potesse approfon- . dire tutti gli aspetti di una nuova politica agraria; e ciò non tanto per la brevità del tempo a disposizione, quanto - giova ripetere - per la inevitabile parzialità delle ipotesi di sviluppo del settore agricolo, quando non siano commisurate agli obbiettivi di un piano globale. Un simile vizio di impostazione, che si è i1nmediatamente proiettato sul complesso delle proposte contenute nel documento finale, non è sfuggito ad alcuni. fra i più autorevoli commentatori e studiosi di economia agraria. Con la consueta lucidità il prof. Rossi Daria ha scritto, per esempio, che il « Rapporto » finale « pone di fatto sullo stesso piano due ordini di proposte che sono fra loro altamente contraddittorie. Da un lato esso afferma, infatti, la necessità di un piano di sviluppo agricolo del quale si definiscono gli obbiettivi, i mezzi e gli organi di attuazione, nonché la indispensabilità di rinnovare e potenziare le varie istituzioni; esso, cioè, propone di subordinare l'avvio della nuova politica agraria alla elaborazione del piano e alla riforma degli organi. Dall'altro esso formula una serie di specifiche azioni di politica agraria e le vede attuabili al di fuori del piano e ad opera degli stessi organi quali oggi esistono, rinunciando così ad ogni indicazione di priorità dei problemi, ad ogni definizione degli strumenti, ad ogni determinazione delle responsabilità; ossia a tutto ciò che solo può definire una nuova politica agraria ». Si può inoltre rilevare che ]'eccessivo frazionamento delle proposte di intervento, più che avviare ad una definizione prioritaria nell'ordine delle necessità operative, stende su tutto l'assetto agrario una coltre paternalistica di sovvenzioni, ricalcando l'esempio del Piano verde. In ciò, secondo alcuni, si riconoscerebbe il potente stampo che l'on. Bonomi e la « Coltivatori diretti » sarebbero riusciti ad imprimere anche in sede di elaborazione delle proposte finali, che vedono infatti in posizione preminente e già sufficientemente definite solo le parti di carattere contingente, rivolte a chiedere allo Stato una serie di interventi solidaristici ed assistenziali. Difettosa, ed appena abbozzata, risulta invece la definizione di una politica di sviluppo equilibrato e della strumentazione di essa, con il rinnovamento delle strutture amministrative e tecniche. In definitiva, l'insieme delle conclusioni non delinea ancora un piano di sviluppo, e definisce insufficientemente il modo di impostarlo; indugia, invece, anche se spesso positivamente, Sl!lle soluzioni dei singoli problemi, mediante proposte che· sembrano inquadrarsi in una vi72 \ ' Bibliotecaginobianco
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