• Antonio Ghirelli Con pari crudezza, l'on. Togliatti espone gli argomenti che, secondo il suo punto di vista, impongono la fedeltà ad una linea centrista. fer un verso, egli bolla l'illusione rivoluzionaria ricordando che « il giorno in cui in determinati paesi del mondo si aprisse concretamente il problema di un mutamento profondo di classi dirigenti per andare verso il socialismo », i gruppi dirigenti borghesi farebbero ricorso « alla forza bruta delle armi ». È un.a risposta esplicita ai suoi critici di sinistra. Ma ai critici di destra, il « leader » del P .C.I. oppone un'altra serie di obiezioni che sostanziano il suo scetticismo totale verso l'esperimento Moro - Fanfani - Saragat - La Malfa - Nenni. Egli ci arriva attraverso un parallelo tra la situazione attuale e quella italiana dei princip1 del secolo, quando Giolitti tentò l'inserimento dei socialisti nell~ Stato. A quel tentativo seguirono il nazionalismo, due guerre, il fascismo, osserva Togliatti; e si chiede se a quel tragico epilogo non abbiano concorso, insieme con la vocazione totalitaria della borghesia, _anche le responsabilità del Partito socialista. La sua risposta è esplicita: sì, le responsabilità ci furono, e gravi, e determinate da due lacune di fondo: l'assenza di una prospettiva socialista, cioè di una elaborazione programmatica; la mancanza di unità. È chiaro, dunque, che nelle condizioni attuali - nella attuale situazione internazionale - il vecchio dirigente del P.C.I. ritiene indispensabili al successo del 1novimento operaio l'elaborazione di un programma, l'unità tra conìunisti e socialisti, la fedeltà al principio della solidarietà internazionale proletaria, naturalmente nel senso suggerito da Mosca e non in quello invocato da Pekino. Quest'ultimo punto sta tanto a cuore dell'on. Togliatti (e, forse, soprattutto dell'amministratore del Partito) da suggerirgli una preziosa confessione: « una cosidetta riaffermazione di principi di socialità, la quale si accompagnasse, come si accompagna nella politica dell'attuale governo, ad un'adesione alle forze più oltranziste dello schieramento atlantico, sarebbe non soltanto una contraddizione, ma una 1nenzogna ». La politica estera sovietica avanti tutto, perfino rispetto alla lontana ipotesi di un partito unico delle classi lavoratrici. Su queste basi, si capisce come il Segretario Generale non apra al partito alcuna nuova prospettiva al di fuori dei generici richiami ad un « orientamento gi-usto », alla « iniziativa della periferia », alle « rivendicazioni concrete » e a consimili proposizioni che servono soltanto a nascondere il suo imbarazzo e il suo scetticismo. Egli non sembra nemmeno dubitare della possibilità che l'immobilismo cui condanna il P.C.I. rischia di sortire, per la de.mocrazia italiana, gli stessi guasti che il massimalismo e il trasformismo produssero tra il 1900 e il 1922. 64 Bibliotecaginobianco
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