• GIORNALE A PIÙ VOCI Il divorzio ali'italiana Un film che è piaciuto recentemente al pubblico ed alla critica, Divorzio all'italiana di Pietro Germi, racconta la vicenda di un siciliano quarantenne che, dopo aver spinto con subdole arti la moglie tra le braccia del suo ex fidanzato, la uccide e viene condannato ad una pena irrisoria. Il che gli permette di sposare la giovane cugina con la quale da tempo se la intendeva. Il protagonista ha potuto raggiungere il suo scopo perché l'uxoricidio di cui si è macchiato è stato considerato dai giudici « un delitto d'onore». Questo gli ha consentito di beneficiare delle attenuanti previste dall'art. 587 del Codice Penale, il quale stabilisce che: « Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia, della sorella, nell'atto in cui ne scopra la illegittima relazione carnale, e nello stato d'ira determinato dall'offesa all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni». L'omicidio comune invece è punito con la reclusione da ventun anni all'ergastolo. · Germi nel suo film, affidando alle immagini una storia condotta in chiave di grottesco, mette appunto sotto accusa l'istituto del delitto d'onore, che fa sopravvivere nel nostro codice una concezione barbarica dei rapporti umani, grazie all'art. 587 del quale, come è noto, in Parlamento è stata chiesta l'abolizione. Per il regista de In nome della legge, Il cammino della speranza e di altre pellicole degne di ricordo, il « divorzio all'italiana» è quello che si può ottenere uccidendo. Germi sostiene che l'art. 587 del codice è inaccettabile sul piano morale e sociale, oltre che giuridico; lo sostiene esemplificando la sua tesi in una narrazione ineccepibile che si fa seguire con divertito interesse. Divorzio all'italiana è perciò un film utile. Ha cominciato anzi ad essere utile prima di arrivare sugli schermi, per aver fatto nascere un libro che, accanto alla sceneggiatura della pellicola, riporta una abbondante documentazione degli « errori giudiziari alla rovescia» dovuti alla applicazione dell'art. 587 del Codice Penale. Il volume è stato curato da Giorgio Moscon, acuto critico cinematografico, eh~ esercita con meritato successo la professione forense. A lui si deve la raccolta di sentenze, di arringhe, di deposizioni, le quali dimostrano in maniera lampante che l'istituto del delitto di onore non può trovare posto in un codice moderno. Non avrebbe dovuto trovare posto ne1nmeno nel codice penale del 1930, attualmente in uso, perché - come ci informa il Moscon - risulta dai lavori della commissione parlamentare incaricata di predisporre quel codice, che i commissari furono unanimi nel respingerlo, chiedendo che il delitto d'onore trovasse posto solo tra le attenuanti, in uno dei tanti casi previsti dall'art. 62 del Codice stesso. Ma il Ministro Guardasigilli Rocco non tenne conto dei fondati ed autorevoli pareri contrari e fece inserire l'art. 587 nel nuovo co30 Bibliotecaginobianco
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