Note della Redazione coloso e fuorviante di quello spavaldo e totale dei nostalgici dello stalinismo. E, di più, un marxista corre il rischio di contraddire puntualmente al marxismo: in effetti, Stalin, che non era poi quel rozzo animale politico che oggi si vorrebbe dare ad intendere, aveva colto questa contraddizione ed aveva cercato di evitarne lo scoglio con la famosa teoria che ad ogni avanzamento verso il socialismo corrisponderebbe un rincrudimento della lotta di classe. Dal p?A,ntodi vista marxista, o meglio di una certa interpretazione del marxismo, quella dottrina staliniana costituiva il tentativo di dare una risposta teorica alle fin troppo evidenti contraddizioni che si potevano riscontrare nella pratica del regime comunista. Ma una volta condannata, come i comunisti hanno fatto con ogni solennità nei loro congressi, quella teoria, un'interpretazione in termini rigorosaniente marxisti-leninisti della dittatura di Stalin, ossia di una dittatura che nasceva e si affermava in una società socialista (o che tendeva al socialismo per aver eliminato la proprietà privata dei mezzi di produzione) diventa impossibile. Non ha senso per noi riafferniare la superiorità qualitativa delle istituzioni di uno stato socialista rispetto a quelle di uno stato borghese, senza spiegare come e perché queste istituzioni, che pure sono assunte come superiori e dunque come più comprensive di quelle borghesi, abbiano reso possibile quella degenerazione totalitaria che le istituzioni « liberali-borghesi », quando non sono soppresse con la violenza, impediscono o, almeno finora, sono riuscite ad impedire. E insieme non ha senso parlare di restaurazione della legalità socialista e continuare a far finta che esistano o possano esistere queste famose istituzioni socialiste superiori alle altre, senza dire in che cosa esse consistano o consisteranno, e come esse sono o saranno garanti di quella libertas maior che si vuole contrapporre alla libertas minor degli stati « capitalistici ». Come si vede, in ciò che Alicata ha detto ed in ciò che non ha detto nel dibattito napoletano sono riaffiorate le stesse contraddizioni, le stesse elu• sività e le stesse difficoltà che negli ultimi mesi abbiamo potuto constatare in ciò che vengono dicendo i comunisti sui temi della destalinizzazione e di cui si può leggere più avanti in questo numero di « Nord e Sud» un'ampia rassegna. E, come abbiamo accennato nell'editoriale del numero di gennaio di quest'anno, se è comprensibile che difficoltà e contraddizioni di questo genere vi siano nei discorsi e negli atteggiamenti dei co1nunisti sovietici, è assai meno comprensibile che queste si debbano riscontrare apparenteniente identiche nei discorsi e negli atteggiamenti dei comunisti italiani. Per questi, infatti, non si pongono i problemi che hanno i dirigenti dello stato savie• fico, e quindi è possibile un margine di dibattito critico assai maggiore: proprio il fatto di non approfittare di questo più ampio margine rende assai perplessi sulla capacità di rinnovamento del comunismo italiano. Per gli interventi dell'on ..De Martino nel dibattito del 25 gennaio si deve fare, evidentemente, un discorso tutto diverso. Poiché è ben vero che lo stesso De Martino, nella misura in cui si rifiutava di porre in discussione i limiti della Rivoluzione di Ottobre e di sottolineare le deficienze e le con27 Bibliotecaginobianco
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