Le regioni periferiche d'Europa sviluppo regionale come strozzatura non solo nazionale, ma anche comunitaria, con l'implicita conseguenza di ritenere necessaria l'integrazione dei piani di sviluppo regionale non solo nel contesto di un piano nazionale, ma anche nel contesto di un « piano » comunitario. Operativo i] primo, poiché - come ha testualmente osservato Pastore - « in un non lontano passato aver ignorato queste cose è stato per noi motivo di profonda delusione »; almeno orientativo, dapprincipio, il secondo, cl1e rappresenti per la Comunità il primo modo di proporsi direttamente il problema delle regioni arretrate che, come tali, influiscono negativamente anche su quelle di avanguardia. Grazie a questa corag- , giosa impostazione del problema, è stato possibile far dire alla « Conferenza » altre cose pure esse di un certo rilievo e, sotto qualche aspetto, abbastanza rivoluzionarie. Si è così insistito sul fatto che non sono sufficienti la buona volontà e la forza di persuasione per giungere al riequilibrio regionale, ma che bisogna mettere almeno in moto un meccanismo di incentivi e disincentivi per arrivare a un decentramento delle industrie dalle regioni sovraindustrializzate - ed afflitte perciò da problemi di ipersviluppo - verso regioni povere di attività imprenditoriali, ma ricche di uomini. La discussione su questa politica di sviluppo regioI1ale concertata a livello comunitario ha spinto altri ad affrontare i problemi istituzionali che ne conseguono e che molti hanno suggerito di risolvere attraverso un rafforzamento dei poteri della Commissione. Chiara è stata poi anche l'affermazione del principio essenziale che per poter realizzare la pianificazione regionale bisogna chiedere l'adesione delle popolazioni al piano. Poiché si tratta, in fondo, del principio democratico ·applicato alla vita economica. E poi anche percl1é una popolazione che venga associata alla elaborazione del programma economico svolgerà un ruolo attivo nell'esecuzione di questo programma; invece di subirlo, lo animerà. Sono queste ed altre considerazioni che hanno dato un tono diverso al dibattito ed una fisionomia diversa all'assemblea: cosa che ha poi permesso a Marjolin di esprimere la speranza che possa nascere e prosperare l'Europa « non dei tecnocrati e dei capitalisti, ma l'Europa sociale dei lavoratori ». La risposta al primo quesito che ci siamo posti - se, cioè, lo svolgimento dei lavori abbia permesso di superare un impasse di partenza che rischiava di ridurre tutto il dibattito ad una disquisizione accademica può essere, dunque --:- almeno in parte - positiva. Per dare una risposta al secondo quesito - se, cioè, le conclusioni siano state tali da giustificare un certo ottimismo sulla possibilità di 19 Bibliotecaginqbianco
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