Luigi Mazzillo portati naturalmente ad imitare appunto l'esempio degli altri (è una vecchia regola convalidata dall'esperienza, che sarebbe stata confermata, assicuravano, anche in questo caso). La tesi, sostanzialmente, oltre ad essere vecchia e tendenziosa, è anche errata, poiché sanno tutti che finora è stata proprio la rinuncia dei governi ad intervenire direttamente almeno nelle aree « critiche » ad accentuare gli squilibri fra regione e regione e fra settore e settore (come, per altri versi, è accaduto per la distribuzioné del reddito e della ricchezza fra classe e classe). Le strozzature, nel sottosviluppo regionale, si sono avute proprio per i difetti dell'economia di mercato nella quale operano i cosiddetti « fattori comulativi », fattori, cioè, di richiamo della prosperità nelle aree già prospere. In Italia si è orrpai convinti di questa verità: ne è dimostrazione il fatto che quasi nessuno più da noi si dichiara apertamente contrario ad un intervento pianificatore dello Stato: i contrasti vertono piuttosto sul quantum, sulle caratteristiche della programmazione (indicativa o precettiva), ma in linea di principio si è tutti d'accordo sulla necessità di un intervento per modificare l'andamento delle scelte e dei consumi, sia pubblici che privati. Ricollegandosi a questo tipo di discorso Franco Simoncini, Alessandro Molinari, Giuseppe De Rita ed il Ministro Pastore diedero · una vigorosa sterzata alla barra della discussione, fracassando un pò il castello di piccole e fragili mattonelle fino ad allora edificato. I relatori e gli intervenuti avevano suggerito le infrastrutture e la qualificazione professionale: l'Italia questo lo aveva fatto e lo sta facendo, osservò Pastore, ma senza ottenere il risultato di giungere al rìequilibrìo fra regione e regione. Finora, sottolineò Simoncini, ci si è affidati anche in Italia al « tempo lungo », all'automatismo di mercato; ma oggi, considerando i limiti dei successi ottenuti per mezzo di una tale politica, ci si è convinti che occorre operare nel « tempo breve », in una economia, cioè, che sia diretta o almeno orientata dai pubblici poteri. Ma l'eliminazione delle depressioni regionali, osservava Molinari, non po-- teva essere più compito esclusivo degli Stati, così come aveva ritenuto di poter affermare Marjolin nel suo discorso introduttivo. Il MEC rende impossibile ormai qualsiasi politica autarchica anche se limitata ad una sola regione o ad un gr1..1ppo di regioni, per cui anche i problemi di dislivello regionale debbono essere risolti a livello comunitario. Partendo, ovviamente, da uno schema formulato in termini conoscitivi e previsionali, come aveva già sostenuto Simoncini, dato che non siamo ancora di fronte ad un potere comunitario forte e indipendente dai . governi. La discussione venne così ad incentrarsi sul grande tema del sotto18 Bibliotecaginobianco
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