Nord e Sud - anno IX - n. 26 - febbraio 1962

Le regioni periferiche d'Europa senza scosse, tra relazioni puramente descrittive, espositive o pedagogiche ed interventi quasi solo informativi, anche quando si affrontarono temi come i « programmi di azione regionale », la « collaborazione dell'iniziativa pubblica e privata per lo sviluppo di un polo industriale » e gli « aspetti dello sviluppo di una impresa nell'ambito dello sviluppo regionale ». Veramente per ognuno di questi argomenti veniva presentato un caso concreto, su cui i relatori facevano del loro meglio per dir tutto, naturalmente da un punto di vista informativo. Erano queste esperienze illustrate più o meno abbondantemente che avrebbero dovuto poi dare l'occasione per l'avvio di un certo discorso di fondo sui problemi, sugli insegnamenti e sulle prospettive di carattere più generale. In realtà coloro che intervenivano nel dibattito restavano un pò nella scia dei relatori, chiedevano delucidazioni su aspetti tecnici marginali, su quel caso specifico esaminato, e si fermavano lì, senza travalicare i limiti della disquisizione accademica. Fu nella seconda giornata della « Conferenza » cl1e il tono del dibattito si elevò, e si ebbe un « aggiustamento di tiro » nei vari interventi; e ciò; come abbiamo già anticipato, in gran parte per merito della delegazione italiana. La tesi fino allora adombrata e cl1e sembrava avesse successo era quella che in Italia si è usi chiamare tesi del « tempo lungo ». Si era detto in altri termini: i governi, ed a maggior ràgione la Comunità, non possono intervenire direttamente r1elle regioni « critiche », perché la concorrenza è sacra, perché, se il governo prende il posto degli industriali, si provoca un turbamento che scoraggia gli imprenditori invece di portare a nuovi equilibri, e così via. E si era anche detto: i governi debbono mettere sù le infrastrutture, pensare alla qualificazione ed alla riqualificazione della manodopera, collaborare con gli imprenditori (accettarne, cioè, i suggerimenti), perché in tal modo si assicurerebbe un clima di reciproca fiducia tale da incoraggiare tante nuove iniziative. Collaborare come, exempli gratia, avveniva per la « Conferenza » in corso. Che si creassero, quindi, nelle regioni poco prospere, le strade , i servizi sociali più necessari ed anche i cinematografi, i circoli, e così via; e, una volta che fosse stato possibile trovare la manodopera idonea, col tempo e l'aiuto e la garanzia dei pubblici poteri, gli industriali avrebbero « decentrato » i loro stabilimenti (avrebbero, cioè, creato delle succursali ove se ne presentasse il vantaggio). Con queste nuove imprese si sarebbero aperte nel tempo delle possibilità assolutamente nuove, sia sotto l'aspetto dell'espansione economica, sia sotto l'aspetto dell'assorbimento di manodopera. Ma che ci si ricordasse che non bisognava aver fretta: è !°'esempio che dà i migliori frutti, anche per quanto riguarda gli uomini, perché gli uni sono 17 Bibliotecaginobianco I

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