Nord e Sud - anno IX - n. 26 - febbraio 1962

LETTERE AL DIRETTORE Giovanni Amendola Caro Compagna, come, credo, tutti i tuoi lettori, hu letto con grandissimo interesse le Lettere di Giovanni Amendola a Carlo Cassala, pubblicate nel fascicolo di dicembre dalla tua rivista. Sono documenti vivi di quel tramonto dell'era liberale della prima maniera che in Amendola si espresse con un'intensità di conoscenza che fan di lui l'eroe della tragedia dell'Aventino. Ma non di ciò ti vorrei parlare ora. Nella bella presentazione delle lettere trovo infatti scritto: « Le lettere, inoltre, danno alcune indicazioni per documentare il tentativo di Amendola di stabilire rapporti non strumentali con l'elettorato: un tentativo il suo, che doveva necessariamente portarlo, nel rno,nento della prova, ad un isolamento quasi completo. Infatti, a mano a mano che la sua lotta al fascismo si faceva più decisa ed aperta, il terreno gli franava sotto i piedi, i suoi rapporti con il corpo elettorale diventavano più insicuri. Ai vertici, i notabili locali, quando non passavano dall'altra parte, si ritiravano dalla vita politica; alla base le clientele seguivano passivamente gli orientame:nti predominanti ... Con Amendola spariva ogni traccia del tentativo, generoso ma disperato, di costruire qualche cosa sulle sabbie mobili della coscienza e dignità civile di una gran parte della borghesia meridionale ». Su quest'ultimo specifico appunto fatto alla borghesia meridionale mi pare che « Nord e Sud» abbia commesso ingiustizia. Quello che accadde a Salerno e altrove nel sud è, più, o meno, quel che accadde in tutta l'Italia, compresa quella settentrionale. Dappertutto i notabili locali o « passarono dall'altra parte » o « si ritiravano dalla vita politica » ( quando non si ritirarono dopo esser passati dall'altra parte, respinti dai nuovi conquistatori). Ho avuto occasione di riportarmi alla memoria, proprio in questi giorni, rileggendo alcune tesi universitarie, quel che accadde nel feudo di Giolitti, nella provincia di Cuneo. Certi mutamenti di casacca saranno stati meno clamorosi, il numero di coloro che si ritirarono dignitosamente maggiore; ma si tratta di fenomeni quantitativamente, non qualitativamente diversi. Lo stesso accadde (in provincie di struttura politica e sociale profondamente diverse, come Mantova di Bonomi, secondo ha ben documentato il Vaini). In due anni, tra il 1923 e il 1925, quella struttura di rapporti politici che durava, sia pure con modificazi(?ni profonde, dall'unità in poi, cadde completamente in pezzi in tutta l'Italia. Dati i rapporti tra l'elettorato e il candidato locale che supponevano, se non un'astensione, almeno un intervento blando e mediato del governo, l'_intera macchina precipitò, senza bisogno di sciogli123 Bibliotecaginobianco

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